giovane critica - n. 10 - inverno 1966

ferie pagate) e tutto rientrerà nell'ordine. Blum parlerà piu tardi di questo momento in termini amari e grotteschi; lamentando che la classe operaia non gli aveva dato fiducia e che la sua « esplosione sociale [ ... ] aveva colpito al viso il suo governo », e riconoscerà a tutte lettere che la borghesia e il padronato lo « consideravano, aspettavano, speravano come un salvatore. Le circostanze erano cosi angosciose, si era cosi prossimi a qualcosa di simile a una guerra civile che non si sperava piu che un intervento provvidenziale [ ... ] l'arrivo al potere di un uomo cui si attribuiva sulla classe operaia un potere sufficiente di persuasione per farle intender ragione, e che la convincesse a non usare, a non abusare della sua forza [ ... ] » ••. Ma i comunisti? Il 12 giugno, Thorez scrive sull'Humanité che « Il faut savoir terminer une grève ! ». Paura per le conseguenze di un prolungamento delle occupazioni con conseguente fase di disordine economico generale, richiami al congresso dell'Internazionale del '35, per cui la lotta contro il fascismo internazionale doveva avvenire in alleanza con le classi medie, fiducia nella conquista del pptere con mezzi parlamentari ... Il momento rivoluzionario sfumò, e il suo languire sarà già l'inizio della fine. Gli scioperi non risparmiarono evidentemente il mondo del cinema, dove anzi ebbero un rilievo notevole, e dove le discussioni e le paure durarono molto tempo ancora dopo la fine dello sciopero. In realtà il problema delle 40 ore e dei salari si presentava nel settore sotto aspetti diversi: un attore, ad esempio, può benissimo non lavorare le sue 40 ore con orario regolare e non guadagnare in proporzione agli altri tecnici: è possibile regolarizzare il salario di un Jouvet, di un Gabin, ridurlo a mensile, confrontarlo con quello degli elettricisti e delle guardarobiere? Su argomenti di questo genere fecero forza le organizzazioni padronali, e naturalmente ottennero ragione. Ma intanto la grande paura li aveva toccati da vicino. La produzione è bloccata, la distribuzione anche. Scioperano le maschere e le cassiere, scioperano i tecnici e gli artisti. Circolano solo i vecchi film, in qualche sala del centro, e le attualità provenienti da Bruxelles. Gli studi di Epinay, Billancourt, Joinville, Neuilly sono occupati dalle maestranze, che organizzano i picchetti, i turni di « congedo » famigliare, e la vita interna della fabbrica: mense, dormitori, pulizie. Per passare il tempo, oltre a discussioni politiche e comizi improvvisati, si recita. Lo stesso avviene in quasi tutte le fabbriche. A volte arrivano gli artisti aderenti alla CGT: l'instancabile e formidabile Marianne Oswald canta di fabbrica in fabbrica Prévert, canti rivoluzionari d'ogni tempo, canzonette d'amore. Gli attori di cinema sono piu restii, e non si fanno vedere, salvo i « compagni » Modot, Bussières, Gabriello e qualche altro. Ma se ne fa a meno, e in ogni fabbrica si improvvisano skctches, cori, soggetti da comme• dia dell'arte col padrone, il prete, il flic rigorosamente bastonati. E naturalmente le salette di proiezioni sono in piena attività: gli operai del cinema si rivedono i vecchi film, li discutono, li criticano o semplicemente li guardano. Dal 7 al 20 giugno è una festa, cui partecipano i quartieri interi, tutta la popolazione. Le immagini commoventi e esaltanti di queste giornate che pubblicano i giornali di quei giorni parlano chiaro. Una troupe della CGT-CinéLiberté gira di fabbrica in fabbrica a riprendere le scene di questo immenso movimento collettivo. Ovunque è accolta con entusiasmo, e ovunque si alzano i pugni chiusi, si sventolano gli stracci rossi che si riesce a trovare, si ride di gioia e di fiducia. Il materiale raccolto verrà poi montato da P. Lemare col titolo Les grèves de juin ed è, crediamo, ancora rintracciabile alla CGT 41 • La rabbiosa paura dei primi giorni di sciopero lascia il posto, sui giornali delle associazioni dei produttori e dei distributori, ad una specie di vaga benevolenza, provocata da una paura ancora piu profonda, perché si comincia a pensare seriamente che forse si è vicino al momento fatale u. Ma poi si riprende fiato, e ci si reingolfa nuovamente nelle polemiche e discussioni tecniche. Per i rappresentanti dei padroni, il cinema non è un'industria qualsiasi, dunque non si tratta di lotta di classe, ma di problemi corporativi: « che senso può avere la lotta di classe in un 'industria che è solo una serie di processi artigianali in cui ognuno è volta a volta padrone e operaio? » 41 • Ma intanto lo slancio del giugno porta alla riunificazione - 43

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