giovane critica - n. 10 - inverno 1966

cola, un prodotto degli imperialisti americani. E allora? La situa:;ione oggi si presenta certamente piu sfumata, pi1i di/ f icile di quanto si presentasse negli anni dei blocchi e della guerra fredda: vi sembra forse - a te e a Mario - un buon motivo per disperarsi e tacere? lo non faccio l'elogio dell'integrazione a ogni costo, delle « modifiche dall'interno », che so, del centro sinistra: tengo solo per il reali_•mo ( il quale non significa, almeno spero. qualunquismo filisteo} e per la chiarezza (che non significa o non dovrebbe significare, supina accettazione della realtà). Scrive Cannella: « sinceramente mi sento quasi incapace cli scrivere qualcosa di Antonioni o sullo ultimo film cli Visconti se prima non chiarisco quel che mi 11rge dentro. con la rabbia necessaria, se non parlo cioè cli A mendola, del neocapitalismo, della crisi del movimento operaio, della coesistenza pacifica, ecc.». Temo proprio che q11esti siano problemi suoi - o devo pen· sare che, quando tiene le sue quotidiane lezioni in una scuola statale ( organisnio, almeno spero, non rispondente in pieno alle sue esigenze rivoluzionarie e intransigenti), dica ai suoi ragazzi press'a poco cosi: « chiudete il libro, non posso spiegarvi la storia degli Egizi se prima non premetto qualcosa di A mendola e la coesistenza pacifica »? pero invece che cerchi di fare quel che bene o male cerco di fare anch'io tutti i giorni, cioè di spiegare gli Egizi in modo tale, secondo una tendenza cosi riconoscibile, da lasciar capire quel che penso della coesistenza pacifica e di A mendola, da preparare poi i ragazzi ad affrontare questi e altri argomenti con gli strumenti adatti. Se si vuole scrivere di Visconti e 1i A ntonioni, il problema non è a mio avviso molto diverso. Cultura astraua, a settori, umanesimo sterile in ritardo? Ma d'altra parte si cadrebbe in 11 na strumentalizzazione inutile: si lascino stare addirittura Visconti e A ntonioni e si parli di A mendolti tout court, non utilizzandolo solo come preambolo. Oltre t11tto. mi sembra anche un elementare dovere di cortesia e di chiarezza verso i « quadri potenziali del futuro partito di classe » che dovrebbero costituire, in attesa di migliori occasioni, i lettori di Giovane critica. Schematizzando al massimo, direi che il nostro dissidio è questo: voi riman2date l'esame del muro pericolante (la metafora è tua) ,1 un ipotetico domani in cui tutti i cittadini saranno geo· metri e carpentieri, tutti i muri saranno caduti oppure incrollabili, a me pare che (dato che siamo intanto in questa casa, e che siamo minacciati da questo muro) sia meglio cominciare da un inventario preciso di quel che si ha sottomano, da un bilancio delle proprie forze, da un'analisi degli ostacoli da abbattere. Lavorare subito, dunque. Ma come, dove e per chi? Cannella ha ragione quando avverte i pericoli insiti nella accettazione della polemica come normale routine, che a nulla impegna e nulla vale a scuotere. Del resto, perché stupirsene? Oggi abbiamo Joyce a trecentocinquanta lire nelle edicole, i film « da cineclub » alla tv, i quadri « di avanguardia » sulle scatole di cioccolattini. Prodotti culturali che un tempo nascevano con una funzione di rottura, oggi .rnno pacificamente o comunque meccanicamente accettati. Quel che un tempo era destinato ai pochi eletti viene messo ( almeno teoricamente) alla portata di tutti. Si potrà discutere la politica dell'industria culturale, il « sistema » che trasforma i valori culturali in simboli di status, di raggiunto prestigio sociale ( il disco di Mo· zart o la copia dell'Ulisse in ogni casa, l'abbonamento al teatro, eccetera) : ma il fatto in sé, mi sembra irreversibile. A meno di non cadere in rimpianti reazionari sulla decadenza dell'arte, che mi sembrano fuori questione, il problema « per chi scrivere », legato poi a quelli del « come » e del « dove » scrivere, mi pare che ammetta solo due soluzioni: la prima di tentare un dialogo, onesto e << impeg,nato », con tutte le nuove categorie di << fruitori » ( che brutta pa1ola}, magari fornendo loro gli strumenti per valutare quanto loro viene « offerto », il significato di certe oflerte. la presenza o la mancanza di un sotto/ ondo culturale autentico e ancor valido nei prodotti correnti o riproposti; la seconda consiste nel rifiutare sdegnosamente, vade retro satana, i compromessi e gli equivoci del « neocapitalismo " come pure di certa sinistra in. crisi (e la crisi c'è, eccome} tacendo del tutto o intessen.· do dialoghi metastorici con un pubblico di là da venire, il quale pubblico non può accettare un servizio sociale

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