giovane critica - n. 10 - inverno 1966

Edipo: E dove sarà mai? Dove trovare L'ascosa traccia di un delitto antico? Creonte: Qui, disse il nume; ciò che si ricerca si trova e sfugge ciò che si trascura e mi è sembrato che questi versi avessero un suono familiare. Ho preso a leggere l'intera scena dal principio. Giunto a: ... so fin troppo bene Che tutti siete infermi e che tra voi Non c'è nessun infermo come me Perché il vostro dolore tocca uno solo Uno di voi e nessun altro; invece L'anima mia si duole pel paese, Per me e per te; mi sono accorto che piangevo ... ho capito che piangevo perché mi trovavo nella stessa situazione di Edipo: la città corrotta dalla peste era la mia famiglia anch'essa corrotta; ed io, come Edipo, avevo interrogato i testimoni per sapere chi fosse la causa di questa corruzione e avevo scoperto che il colpevole della corruzione ero io » 21 • Sapremo dopo poche pagine che la fortuita concidenza in realtà è frutto d'invenzione. Francesco ha pensato « nel cuor della notte » ad Edipo, e soltanto in séguito rileggerà tutta la tragedia di Sofocle. Ma non è Freud, per lui, ad essersi sostituito ad Apollo, come dice Roland Barthes per ogni reinterpretazione moderna del mito. Ad Apollo si è sostituita l'Attenzione. La psicoanalisi non può prestare a Francesco pili alcun servizio. La sua infatti non è una situazione edipica, nel senso, in cui, dopo Freud, siamo abituati a concepirla. Non è un oscuro segreto dell'inconscio ad affiorare alla luce, ma è la realtà ad essere ritrovata. Nelle parole di Creonte, il messo che ritorna da Delfo con l'oracolo del dio, è racchiuso quel nesso che Francesco si sforza di stabilire tra la pr0pria vicenda e quella di Edipo: « ciò che si ricerca si trova e sfugge ciò che si trascura». Un'analogia ipocritamente voluta, « per nobilitare in qualche modo » il quotidiano, o, quello che è pili verosimile, per interpretare (degradare?) lo stesso mito tragico al livello del quotidiano. « In realtà, per tutti gli anni che vanno dal suo arrivo a Tebe allo scoppio della peste, Edipo vuole essere disattento nei confronti di se stesso, di Giocasta, di Tebe, e insomma della realtà. Egli vuole, cioè, ignorare quello che gli sta sotto gli occhi; e sia pure a prezzo di una completa irrealtà ci riesce. Già, perché cosa può esservi di reale nella vita di un uomo che è figlio della propria moglie, fratelJo dei propri figli, padre dei propri fratelli e delle proprie sorelJe e marito delJa propria madre? L'irrealtà di una simile vita è sopportabile soltanto grazie all'anestesia di una completa disattenzione. Ma qui sta il punto: perché Edipo è disattento? Bisogna per forza rispondere che Edipo è disattento perché gli conviene di esserlo » 22 • Il dio gli apre gli occhi, e poi glieli fa chiudere, per sempre. Ma il conflitto incestuoso posto al centro delJ'Attenzione in realtà è soltanto pseudo-incestuoso: soltanto un incesto intenzionale - la passione per Baba, la figliastra riscoperta in concomitanza con l'idea del romanzo - può agire, « nella normalità della corruzione » - come ultimo stimolo ancora volutamente proibito, come tabli, appunto, soltanto grammaticale. La stessa Cora - la donna del popolo che ha realizzato le aspirazioni di Adriana, elevandosi socialmente fino a identificarsi, a confondersi con la classe borghese, e ad essere accomunata nello stesso processo di disfacimento prolungato, forse eterno, non destinato a toccare mai il proprio fondo, a « soffocare » - e la classe antagonista in Moravia non esiste, se non, forse, per il riflesso che i suoi movimenti hanno sulJe sovrastrutture culturali del neo-capitalismo, dalle quali è negata, o riunHicata in un « noi » piccolo-borghese, voracemente livelJatore di tendenze - la stessa madre di Baba, sacerdotessa dell'atto erotico nella città corrotta dalla peste, soffia, per cosi dire, sul fuoco fatuo di quelJa passione, per portarla a una conclusione extraletteraria. Ma la soluzione reale non interessa pili a Francesco, tutto preso dalle possibili soluzioni romanzesche. Le convenzioni sociali vengono, in fondo, osservate dal padrigno e dalla figliastra, da Baba e da Francesco - che si impongono di recitare scrupolosamente la parte di figlia e di padre - anche se nessun valore cementa insieme quel rap- - 25

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