giovane critica - n. 10 - inverno 1966

quotidiano », come « un dramma, vale a dire una combinazione di diverse azioni di diversi personaggi "· Meno caustico con se stesso del proprio eroe, Moravia, nel 194 7, aveva pubblicato La Romana, che è il calco, o il modello, del tipo di romanzo sopra indicato. Anche nella Romana abbiamo un forte spaccato drammatico, in cui le azioni si intrecciano in modo non compatibile con la sfera del vivere quotidiano comunemente inteso, cioè senza accadimenti di particolare rilievo, ma uniformemente livellato in coatta ripetizione di abitudini, per cosi dire senza domani, senza lievito che le renda significanti. Allo stesso modo di quello che dice Francesco della storia raccontata nel suo primo romanzo, che « non rientrava nel novero delle cose che possono accadere a chiunque in qualsiasi momento ,,, La Romana si basava su un conflitto che scaturiva da un rapporto, tra un uomo e una donna, che il flusso di una comune quotidianità non avrebbe portato ad arroventarsi, bensi assorbito, sterilizzato, « nel tran tran, come si dice, della vita di tutti i giorni " 1 • Non a caso il 194 7 coincide, nella bibliografia di Francesco e in quella del suo autore, con una scelta che, pur avendo alcune affinità con ·1a coeva letteratura marxista, o populista ( come è stata ribattezzata da Allierto Asor Rosa), tuttavia se ne distacca, per una personalissima impronta. Meno ingenuo di Francesco, che rievocando la storia dei rapporti con Cora, dal primo incontro al matrimonio, probabilmente in prima persona, impersonando lui stesso « il principio attivo » ', l'intellettuale borghese che progetta il salto di classe e l'inserimento in una nuova ideologia, si era trovato di fronte al « tran Iran giornaliero ,,, che inesorabilmente prevalendo aveva distorto ogni gesto, fino a pareggiarlo, nell'inautenticità, al comportamento parodistico, involontario e inconsapevole, di chi, in seno alla classe borghese, non sospetti la reificazione, e continui a compiere in buona fede atti rovesciati nel contrario del loro senso originario, meno ingenuo di Francesco, dicevamo, Moravia si è calato nel ricettacolo stesso del mito, nella « donna del popolo " oggetto di quello storico interesse. Nella Romana, « questo ultimo grande romanzo della cultura europea » ', dalla struttura, si direbbe, prenaturalistica, secondo la classica distinzione lukacsiana che vede nel naturalismo la prima corruzione del « grande realismo ,,, è Adriana ( una Cora idealizzata) - adeguala da Moravia a « natura passiva ,, o « natura senz'altro " - che dalla sua privilegiata angolazione fuori dalla storia, valuta " il principio attivo ,, o storico, rappresentalo, qui, dallo « studente n Mino, che entra in rapporto con lei. Un rapporto attraverso il quale Mino, come i personaggi del grande realismo, cerca un superamento, una mediazione, per uscire dalla « prospettiva di nullifieazionc " che sola gli rimane aperta in seno alla sua classe, precludendosi col suicidio ogni ritorno, dopo aver appurato « lo scacco ,,, l'impossibilità per lui di scrollarsi di dosso « il temperamento e le determinazioni naturali e sociali ». La Roma,w è, abbiamo detto, quel romanzo ricco di azione e di vicende intrecciale, al quale - immaginiamo - pensa Moravia nel far dissertare Francesco sul metodo che ha presieduto alla composizione del suo primo romanzo - La Romana senza il suicidio di Mino, senza la tensione drammatica che, in un ritmo quasi doslojevschiano, si raccoglie attorno a questo suicidio -. Ora, nel romanzo che si prepara a scrivere al ritorno dall'Iran, Francesco decide di scegliere una via opposta: non piu « il romanzo come storia, come vicenda, con un principio, uno sviluppo e una fine, come dramma insomma ,,, ma « il romanzo senza storia, senza vicenda, senza dramma, il romanzo in cui non succede niente ,, •, i cui eventi non devono essere legati da alcun nesso di carattere generale, ma abbandonati alla pura fenomenologia del quotidiano. « Nel tuo primo romanzo hai voluto raccontare un dramma e hai lasciato da parte il quotidiano; adesso dovresti cercare di descrivere il quotidiano, evitando accuratamente il dramma ». Questo aut-aut metodologico impegna beninteso soltanto Francesco Merighi, e non Moravia. L'intellettuale moraviano, dal Michele degli Indifferenti al Francesco dell'Attenzione, è sempre « leggermente inferiore, per cultura e talento » • al suo autore. Moravia continua il discorso iniziato nella Noia, nell'unico modo che forse gli era possibile. Francesco, che si ripropone il problema del romanzo - 19

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