• Donde la perentoria sconlcssione hegeliana della verità implicata dal conrello poetico sehilleriano: « Quando gli dèi erano ancora umani/gli uomini erano più divini • ( ivi, pp. 668-670). ' lvi, pp. 656-658. • Clr., ivi, pp. 658, 1421-1422. ' Vedi in proposito le conclusioni critiche a cui perviene GALVANO DELLA Vor.. rr in logica come scien:a positiva. \lr"6ina-Firrnze 1956 (2' ed.). pp. 55-60. 8stessa religione deirartc), la cui negatività risulta sul piano sostanziale, hcgcliano, da un confronto generico dell'esteriore antropomorfismo degli dèi classici con l"autropomor(i mo << santificato » del cristianesimo ( ovvero col mistero cristiano della transustanziazione): per cui, il compenso esterno che la ( manchevole) sog· get1i,·ità di Zeus lro\'a nell'oscura onnipotenza della « Ananke » diviene - per licgcl - indice di un'esigenza d'interiorità alla quale il mito, nella sua ( impari) tcn ione intuitivo-sensibile, non può dare ri posta, se non configurandosi, hegelianamcntc, come riOcsso esteriore, allegorico, della mistica - e misticamente presente - unità cristiana ( secondo un criterio che restaura il simbolismo medioevale della « verità ascosa sollo bella menzogna » per adallarlo a una menomazione spiritualistica della positività reale, storica, dei miti e dell'arte classica)'. In ultimo, Hegel assume le mitiche e poetiche « epifanie » - ovvero gli interventi degli dèi nelle cose umane - come simboli della potenza dell'univer· baie e della sua immanenza sul piano del finito, cioè come segni esteriori dell'« uni· versale di ciò che l'uomo è e realizza come individuo»', inasprendo l'interpretazione razionalistica Cino al punto d'attribuire l'espediente della personificazione allo stesso Omero, cioè fino al punto cli mimetizzare l'interpolazione a dato oggellivo 8 : a questo punto, la ridu2ione concettuale astratta dei significati poetici di Zeus e degli altri dèi è compiuta, « ciò che in queste forme è artistico i·iene scartato e distrutto » fondamentalmente, senz'altro compenso che una ( in sé innocua) finzione speculativa volta a conciliare astrattamente l'immagine e il suo significato, già astrattamente - artificiosamente - disgiunti. Che cosa distingue infine, nel confronto con la realtà oggettiva, empirica, dei fatti artistici, il duplice artificio logico hegeliano ( allegorizzazione dei conte11uti già metaforizzati genericamente) dal metodo dell'escogitazione simbolica di Federico Schlegel, quando si dia come scontato il dislivello tra i due piani e stili speculativi? Né, d'altra parte, il meccanismo formale dello storicismo este· tico hegeliano si discosta dal metodo che Creuzer impiega, nella sua Symbolik. per la storia della mitologia, se non per questa avvertenza: che nella ricerca della « verità interna » o significato generico delle rappresentazioni non si deve « perdere di vista » il lato dell'accidentalità o dcli'« arbitrio dell'immaginazione», ovvero che - proprio in conseguenza del loro verso aberrante o estetico - le determinazioni mitiche e artistiche non possono essere ridotte alla soluzione simbolica nella loro totalità contenutistica ( ch'è poi il simbolo dell'unità con• creta di contenuto e forma). Si tratta - almeno ai fini di un recupero effettivo dei valori estetici - di un 'avvertenza pressocché irrisoria ( un « alibi » speculativo), vi 'IO il segno negativo che l'estetico o sensibile assume nella fattispecie come nel quadro filosofico hegeliano in generale•. ( Ed è chiaro che se nel sistema hegcliano il « sensibile » ha luogo solo come segno d'avvio alla scalata verso l'as- ~oluto. cioè come prodotto mistico destinato a una mistica negazione, tale arbi-
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