sta né compromittibile con i dati empirici necessariamente ingenui e inespressivi: questo è il segno di nobiltà che ho inteso nella e ragione> (morale e filologica) di questa città straordinaria che è Firenze. Dove quello che potrebbe sembrare apparentemente e staticità> è, in verità, composizione di tutte le curve e quella che potrebbe essere detta e assenza> è invece la testimonianza di una resistenza (attiva appunto perché morale, non reazionaria voglio dire o di destra) alla dissoluzione, oggi usa dire alienazione, In cui la strumentazione economica del vecchio e del nuovo capitalismo tende a precipitare ogni operazione umana dell'Io e della società, della coscienza e della polis, della volontà e della storia. Una e ragione > che a sua volta ml pare possa verificare e chiarire quell'altra che costituisce il fondo phi segreto della mia e isola> e, per me, del mio essere siciliano. Come dire Antonello e, per chiarire di phi le cose, dire anche Piero della Francesca e ancora o soprattutto Masaccio. È questo 11mondo (e il modo) in cui mi trovo a dibattermi tra desiderio e timore di uscirne a una qualche conclusione. Del resto sarebbe sciocca presunzione pretendere di fare il punto esatto anche se interlocutorio di se stessi. E' già molto se si traccia una seppure vaga linea di poetica e sarebbe meglio dire di direzione operativa o di lavoro. Le due emigrazioni. Rispondere alla domanda-accusa o alla domanda-difesa di Leonardo, che ora mi guarda dal suo volto moresco fatto di malinconia asciutta e severa, dal suol occhi miti e violenti carichi di una antica rabbia, filtrata tuttavia attraverso una vigilata ragione del perché: - e Perché dunque sradicarsene, col rischio di farne memoria e nostalgia, favola e mito? Senza dire che, in senso pili generale, è assolutamente ragionevole che Io scrittore risieda ne.i luoghi umani che meglio conosce, che dia testimonianza di una realtà di cui, per vincoli di sentimento di linguaggio di consuetudini, non gli sfugge nessun movimento nessuna piega nessuna sfumatura> (v. in Giovane critica, n. 3) -. Col suo modo pacato e arguto ha già parlato cosi poco fa al ' Circolo ', risposto cosi alla nostra presentazione, alle nostre domande sulle ' imposture ' e sulle 'verità' del suoi personaggi. Ora è li, seduto al tavolo della mia cucina, mentre la mia Pina sferraglia tra le tazzine di caffè; e mi fa l'effetto di un giudice, fraterno ma giudice, cosi chiuso nel suo severo senso di limite che ti pare inutile tentare la via degli affetti... Tento perciò il ragionamento: - Perché? perché, caro Nanà, può succedere all'Intellettuale quello che succede al contadino siciliano, né pili né meno: da un vuoto di civiltà (la nostra arretrata civiltà agraria) il bisogno di emigrare verso il pieno di operosità (la civiltà industriale del nord o dell'Europa centro-occidentale). Come dire 11bisogno di passare da un vuoto a un pieno di strutture e di strumentazioni, attraverso le quali realizzare una progettazione (dal minimo al massimo) della propria dignità, della propria nobiltà di essere homo costruens. - C'è tuttavia la mia esperienza di e siciliano che resta>! - Bene, allora ti dirò che 11concetto di e emigrazione > non può riferirsi solo ai !imiti della biografia fisica; deve implicare soprattutto I limiti dell'Impegno morale e ideologico. Il siciliano e emigrato > (parlo del •contadino' come dell' 'intellettuale'; escludo invece da questa accezione la caterva del burocrati, che sono in definitiva il prolungamento di una Sicilia •ufficiale') è colui che rifiuta di integrarsi col si- -7
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