► 111ARCATRNÉo.li:iario di culrura contemporanea, n. 8-10, Milano, Lerici, pp. 306, L. 2.000. - Con il secondo Marcatré di Lerici si con• tinua a non capire. Non si capisce in che misura e in quale direzione un po' tutti vi si resti a scimmiottare in un monotono idillio questa definizione di avanguardia. Siamo arrivati, infatti, ad un'avanguardia sempre piu estesa ( fino alla retroguardia). Vi troviamo nomi che avremmo creduto su tutt'altra sponda, qui insieme, a]. l'ombra dell'ultima novità. In questo fascicolo si rispecchia meglio il punto d'arrivo della rivista, il quale è anche il modello culturale del suo direttore, Battisti: « un 'organizzazione di tipo industriale, già nel momento d'organizzarsi •• che raccoglie i dati informativi puhhlicitarizzando. Con sforzo, invero, nel Marcatré di Genova, con impegno piu largo di quello « artigianale • in quest'ultima serie, s'imprende un'operazione di repertorio attualitario di vari settori ( letteratura, musica, cultura di massa, disegno industriale, ecc.) sotto una nuova, originale intenzione critica e metodologica. ~1a se le intenzioni sono ottime, gli effetti permangono deludenti. Non ,olo ognuno di questi settori rimane esiguo, asfittico, per un'accentuata vocazione direzionale, ma rivela la stessa pretestuosità che è le voca• zione di tante riviste italiane. Eppure l'équipe direzionale ci aveva fatto sperare tutt 1altro; non continui accenni, pretesti, piti clie dibattiti, ai margini di manifestazioni ufficiali, ma un assiduo inter• ,•ento, nonché una continua elucidazione di quegli aspetti provenienti da altre aree, e rimasti marginali nella circolazione della cultura italiana, e che tuttavia meritano assai piU di una momentanea apologetica. A parte la qualità e il livello di redattori come San• guineti, Gelmetti, Eco, Dorfles, dei quali sappiamo riconoscere quanto sanno portare per proprio conto, la rivista riesce ad ispirare piU curiosità che interesse. In questo numero, poi, è cosi abbondante ed eccitata la visività - un caleidoscopio della Biennale e un 'impaginatura sempre originale, secondo le formule della Ge,ta/1. psychologie - ma cosi stanca e inefficace la lettura. Il fascicolo inizia con una serie di articoli, tutti con un carattere piU rievocativo che critico, dedicati a vari aspetti dell'Espres• sionismo. In letteratura un nuovo racconto di Filippini, che non ripete però la felice prova del llfenabò; Sanguineti sempre lucido e interessante; poco chiare le proposte letterarie di Di Marco. In architettura un dibattito sulla Critica del gusto (seconda ediz.) con rigorose precisazioni di Portoghesi. Nel disegno industriale viene presentata uno nuova poltrona. In cultura di messa si esamina Sherlock Holmes. In musica i manifesti Spectra •'impongono all'at• tenzione. Dopo, le arti visive con interviste notizie commenti sull'ultima Biennale e •ulli recente •ituazione pittorica italiana. Alla fine, pubblicità di tutte le riviste d'avanguardia note e ignote in Italia. E riferendoci ancora all'avanguardia un punto da chiarire: troppo presto Marcatré ha perso per strada quel còmpito gravoso ma autentico che ,emhrava volesse assumersi con le ragioni di que• sta: quel soffermarsi nel negativo di una cultura, lo starci dentro come una condizione di lotta a rischio della propria perdita. Ora una « forza magica» ha trasformato la lotta in integrazione. Ma se il grano non muore .•. ! [p. m.] SrCMA,Genova, n. 3-4, 1964, pp. 228, L. 1500 - Dopo l'espe• rienza di Cratilo, che fu costretta a sospendere la propria attività per gravi difficoltà di ordine economico, è stata pubblicata, dallo editore Silva di Genova, la rivista trimestrale di letteratura Sigma, con la medesima redazione e gli stessi orientamenti della precedente. Senz'altro interessante l'ettenzione viva portata ai problemi del linguaggio, ma essa diventa una situazione chiusa e priva di di,lerse aperture, perché l'unica chiave per lo lettura di un testo è le rigorosa, ma astratta e ottimistica, applicazione e utilizzazione della lingua, che sarebbe capace di esprimere, rigidamente da ,ola, i propri significati e di trasmettere pertanto, in maniera pulita e neutrale, il proprio messaggio. Siamo certamente consapevoli che il linguaggio è un elemento essenziale per la comprensione di un romanzo o di qualsiasi altra opera d'arte ( e l'importanza della rivista si può ritrovare io un certo giusto ed esatto richia.mo allo serietà dei propri studi), ma dissentiamo dell'assolutizzazione meta• storica e teologica, cioè dall'ontologizzazione dei segni linguistici che vengono cosi trasformati in oggetti, composti di sillabe, senza vita, astrali e lontani. L'ultimo denso numero, dedicato a Cesare Pavese, è veramente esemplare proprio per una suo maggiore rivelazione dell'allontanamento dalla realtà storica di questo esclusivo esame linguistico. Se scrivere, oggi, una serie di saggi intorno alla opera di Pavese può non significare molto. soltanto una conclusione storica poteva rendere necessario e utile l'esame complessivo dello scrittore piemontese, conclusione che sarebbe derivata da una globale indagine sul suo lavoro. Invece Pavese viene sezionato, dal punto di vista tecnico, con la massima attenzione e le conclu• sioni a cui il lettore perviene non riescono a superare i limiti generali dell'impostazione - nella quale si collocano peraltro alcuni acuti interventi -, e a evitare un notevole senso di fastidio e di irritazione, per Poccasiooe pregevole consumata in nome di una serietà linguistica ambigua, che stranamente torna a rammentarci l'uomo di studio geloso dei propri intoccabili strumenti e la lette• raturo tecnicizzata distaccata dall'impuro contatto con la realtà concreta di ogni giorno. [a. p.] - 75
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