giovane critica - n. 7 - feb.-mar. 1965

sut leggeri sostegni... - E tuttavia aggiungere come Il sangue non basti - che sta fatto ptetra e cemento mattone o colore o questo aereo guardare su Firenze tra sera e luna - e che In fondo vale poco - cara, il tuo quieto rifugio a mezza costa tra t mirti e l'abetaia ... il tuo fingere mite sopra il filo della rinuncia, il tuo costrutre tra l'argilla e il piu saldo la tua casa di lisce ptetre dalla pietra assidua ... - Quel che vale è misurarti, sempre, sulle ragioni della tua terra e del mondo; trarre Il respiro dal confronto o perderti. Condanna e libertà. Che e noi siciliani slamo condannati a scrivere della Sicilia, come dice Leonardo Sciascia (v. In Giovane critica n. 3, p. 55) è un fatto che dipende dalla nostra volontà di resistere all'affascinante distrazione del placamento e del benessere. n siciliano che emlgrlzza la sua esistenza di uomo e di scrittore non lo fa per dimenticarsi, al contrario lo fa, piu e meno consapevolmente, per ritrovarsi, attraverso uno choc autentico qual è quello appunto del contatto scottante col 'diverso'. Da qui la sua 'condanna' a scrivere della Sicilia: che è poi la sua vocazione medesima; che è addirittura la sua medesima 'libertà'. Ha piena ragione Leonardo a inserire, a proposito del termine che appartiene al Trombatore, Il suo Inciso limitativo (e ma per la verità, dentro questa 'condanna' lo ml sento libero,): dovrebbe anzi andare plu In là e dire decisamente che è proprio quella 'condanna' la condizione necessaria del 'sentirsi liberi' ossia del sentirsi sempre pili realizzati nell'assidua ricerca di un rapporto tra noi stessi e la nostra cosi difficile e complessa verità. Rapporto come adeguamento. Certo il contatto con il 'diverso' provoca il fenomeno opposto dell'adeguamento. E la situazione si fa di colpo delicata, difficile, spesso drammatica. E' facile a questo punto che tu ti perda, se ti abbandoni a lavorare di cesello e bulino sul guscio che ti sta davanti - a un tratto ti troverai sbattuto in un oceano di silenzi, fuori di ogni possibilità di approdo, la memoria legata all'altra costa, il futuro lucidamente aperto all'angoscia della inutilità. Il segreto, ma si tratta di una difficile pratica, sta appunto nel rifiutarsi di lavorare sul guscio, nel respingere la situazione memoriale, nel rendersi ragione del proprio essersi seminato tra il vecchio humus e il nuovo. Rapporto come contributo. E' un fatto che il rapporto dell'emigrato siciliano con quella che potremmo dire la 'civiltà' nazionale non ha mal significato una semplice ricezione di valori da parte sua, bensi una ricerca appassionata: che può volta a volta farsi adesione urto ripensamento, in ogni caso è da intendersi come 'contributo'. Non è affermazione di orgoglio questa, ma una ipotesi critica che si può verificare in sede storica - per esempio Verga, il quale percorse tutte quante le esperienze della civiltà culturale continentale (quella foscoliana e quella secondoromantlca, quella della scapigliatura e quella veristica), ma tutte le esperimentò per adeguarle alla sua ricerca: la quale rimase in de- -5

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