mo sparirà, sostituito da marionette impazzite, Loltta vibra ancora, paradossalmente, della passione disperata di Humbert, che pure 11film smantella e smentisce. Echeggiano le ultime, accorate parole del protagonista: e Cosi nessuno di noi due sarà vivo quando 11lettore aprirà questo libro. Ma finché il sangue continuerà a pulsare nella mia mano che scrive, tu continui a fare parte quanto me della benedetta materia, e io posso ancora parlarti di qui all'Alasca. su fedele al tuo Dick. Non lasciarti toccare da altri uomini. Non parlare con sconosciuti. Spero che vorrai bene al tuo bambino. Spero che sarà un maschio. Quel tuo marito, spero, ti tratterà sempre bene, perché altrimenti il mio spettro andrà a lui, come nero fumo, come un gigante impazzito, e lo lacererà nervo per nervo. E non compassionare C. Q. Bisognava scegliere fra lui e H. H., ed era necessario che H. H. sopravvivesse per un altro paio di mesi almeno, in modo che gli fosse possibile farti vivere nella mente delle generazioni successive. Penso ai bisonti estinti e agli angeli, al segreto dei pigmenti duraturi, ai sonetti profetici, al rifugio dell'arte. E questa è la sola immortalità che tu ed io possiamo condividere, Lolita mia>. La suggestione di queste parole, che concludono liricamente e su toni un po' dannunziani 11 sapiente gioco di Nabokov, risalta phi tersa e virilmente accorata nelle immagini di Kubrick; che non rinuncia neanche al e versante Quilty > - o Broulard - della propria personalità, fondendo la passione disperata con l'umorismo nero, la satira di una società priva di spessore, basata su una routine vuota di senso, su maschere vuote di sostanza. Il risultato è un film unico nel suo genere, uno dei pochissimi, veri film d'amore che il cinema ci abbia dato dopo Vlgo; e non è un caso se quasi nessuno ne ha raccolto il messaggio, In un'epoca che si balocca oziosa con la paura della retorica e del sentimenti (senza nulla capire peraltro della lezione di un Antonionl). Un film allarmante. Troppo recente nella memoria di tutti gli spettatori perché valga la pena di esaminarlo in modo minuzioso, Il dottor Stranamore, ovvero: come ho imparato a non preoccuparmt e ad amare la bomba è stato erroneamente fatto rientrare nel filone della fantapolitica americana, che cerca in buona o cattiva fede di esorcizzare le paure atomiche e conclude, phi o meno, che non c'è troppo da preoccuparsi se si ha fede In Dio e nello Zio Sam. A tale genere appartiene a tutt'oggi un solo bel film, su posizioni puramente rinunciatarie: The Best Man (L'amaro sapore del potere, 1964) di Franklin Schaffner e Gore Vidal. Per ragioni contingenti, di e uscita> contemporanea sugli schermi italiani, Stranamore è stato Invece paragonato, e a volte addirittura in modo sfavorevole, a quel Sette giornt a maggto (Seven Days tn May, 1964) di John Frankenheimer che ne costituisce, se mai, un mediocre contraltare. Entrambi i film, se vogliamo, documentano sulla falsariga delle note posizioni di C. Wright Mills, le pericolose conseguenze dello strapotere militare, della militarizzazione della scienza, delle connivenze fra militari divenuti e consiglieri industriali> e i grandi trusts, dell'indebolimento del controllo sui militari da parte del Congresso: senza nascondere (e questa è una grossa novità rispetto alle tradizioni politiche di Hollywood) che qualcosa può andar male anche nel sistema. Ed entrambi I film - quello di Kubrlck attraverso la satira, il secondo con le strutture ben oliate di un e giallo> politico - ci conducono alle soglie della terza guerra mondiale. Il dottor Stranamore mostra come un generale del Pentagono, Improvvisamente impazzito, dia l'ordine di attacco atomico contro la Russia; e questo, nonostante gli sforzi congiunti del presidente degli Stati Uniti e del primo ministro russo, porta automa- - 57
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