film di Kubrick). In effetti, la maestra di piano commenta il successo della commedia, osservando che il simbolismo può essere apparso un po' oscuro. Nella stessa scena Quilty sta scattando delle foto a Lolita [ ...]. Quanto alla scena centrale, agli Enchanted Hunters, vorremmo dire questo: la mostra di fiori e la riunione religiosa sono stati rimpiazzati con un convegno di poliziotti, e cosi come può Lolita essere erotica come il libro se l'hotel trabocca di polizia? Il travestimento di Quilty da poliziotto potrebbe essere il regista stesso, Kubrick, che impone una forma d'autocensura [ ...] >. E via di questo passo 13 • In questo senso, Quilty-Kubrick sarebbe la vittima di HumbertNabokov e delle sue perfidie, mentre sullo schermo accade il contrario: ma la «trovata>, a priori o a posteriori che sia, risulta convincente fino a un certo punto. Perché il regista del film è Kubrick, e Kubrick, solo dietro la macchina da presa, non certo nuovo ai e rovesciamenti>, alle allusioni più o meno dirette, rovescia una terza volta la vischiosa trappola di Nabokov, eliminando la dicotomia e identificandosi con la lotta disperata di Humbert non meno che con l'onnipresente e onnisciente Quilty. Lolita è posta sullo sfondo, preda casuale e quasi ignara di un gioco mortale: in primo piano Humbert e Quilty, che un tempo si sono chiamati Dax e Broulard, combattono per la rispettiva idea di Lolita: un'idea romantica, travolgente, delirante e prona da una parte, una visione cinica e scettica dall'altra. Ma entranibi sbagliano (e non a caso si eliminano a vicenda). Sbagliano perché l'uno crede troppo, in modo ossessivo, alla realtà, e l'altro perché la rispetta troppo poco. Sbagliano perché Lolita non è una scimmia priva di intelligenza, ma non è nemmeno una ninfetta o una dea o un demonio (che è la stessa cosa). E' una ragazza qualsiasi, che va a sfiorire con gli occhiali, la pancia grossa e un marito qualsiasi in una casupola alla periferia di Pittsburg («Il resto - scrive Hum56 - bert - è un po' piatto e scolorito>). La realtà si prende una modesta, squallida rivincita sull'intellettualismo distruttivo e cinico di Quilty e sui miti morbosi di Humbert (fra i nomi che quest'ultimo avrebbe voluto assumere, c'erano, non dimentichiamolo, « Otto Otto> e, più allarmante ancora, « Mesmer Mesmer >: anche James Mason, non solo Peter Sellers, ha già qualcosa del dottor Seltsamliebe, alias Stranamore). Paragonata alla realtà epica, generosa di Spartacus, o a quella conculcata e vibrante di Orizzonti di gloria, la realtà di Lolita può apparire ben povera e insoddisfacente; e lo è senz'altro. Ma cosa possiamo aspettarci dopo la notte delirante che va da Ramsdale all'ospedale di Elphinstone, se non un risveglio amaro, salutare? Dopo il culmine isterico ed emotivo della sequenza dell'ospedale, dove Humbert scopre la fuga di Lolita e rischia la camicia di forza, lo schermo rimane a lungo oscuro. Poi vediamo un foglio bianco, e i tasti di una macchina da scrivere comporre lentamente una lettera. E' Lolita che scrive a Humbert ( « Caro paparino, come va? Io sono sposata. Sto per avere un bambino>). Ed è la prima volta da quando esiste il parlato che una lettera sullo schermo risultà cosi ricca di emozione e di «carica>. Infine Pittsburg, e la sciatta, spoetizzante Dolly Schiller, ex Dolores Haze, ex Lolita. Senza dubbio, Orizzonti e Spartacus sono film che più direttamente esortano a credere nell'uomo e nella libertà. Lolita documenta le contraddizioni In cui si trova ad agire un Intellettuale americano che voglia fare un"opposizione autentica, e non velleitaria, alla Jonas Mekas o alla Kenneth Anger. Gli si Impone anzitutto di rifiutare certi luoghi comuni ottimistici e ufficiali; ma di conseguenza è facile travolgere nel dubbio anche le radici più autentiche del e sogno americano>, Jefferson dietro a Kennedy, Whitman dietro a Saroyan. E il cinismo di Broulard e di Quilty è in agguato. Ma se In Stranamore l'uo-
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