giovane critica - n. 7 - feb.-mar. 1965

porti umani, e stabilendo un giusto rapporto fra conoscenza e realtà obbiettiva, fra uomo e natura, rifiuta ogni scissione fra giudizi di fatto e di valore, e quindi ogni pan-ideologismo e meccanico autosuperamento storicistico. Come classe subalterna, e per forza d'inerzia nel primo periodo della dittatura del proletariato, il proletariato riesce difficilmente a trarre dalla fusione di coscienza economica immediata e teoria marxista una sua autonoma, seppure provvisoria, ideologia e cultura. La prevalenza dell'eredità borghese è schiacciante: la cultura subalterna formata per esclusione e reiezione dei valori dominanti nella società capitalistica, pur implicando suggestive anticipazioni di una società aclassista e unificata, non fa poi altro che raccogliere in modo frammentario la concezione borghese del mondo. L'esclusione dalla grande letteratura borghese ha significato la partecipazione alla letteratura dei romanzi d'appendice; l'esclusione dalle università ha significato la partecipazione alla cultura delle « università popolari>. Il primo contributo serio recepito dal movimento operaio è stato il marxismo. E il marxismo si è posto appunto come « emancipatore> del proletariato dall'ideologia borghese, e creatore solo degli strumenti più urgenti di lotta (il partito). Il vero limite, condizionamento storico, del marxismo è stato finora il suo essere autodistruzione del pensiero borghese, momento della critica e strumento per la formazione delle condizioni materiali per una nuova società. Pensare che Marx o Lenin siano i fondatori di una ideologia proletaria è altrettanto assurdo che vedere in Brecht o in Majakovskij gli esponenti di un'arte proletaria. Si tratta Invece dell'estrema autocritica della borghesia, opera di un gruppo di intellettuali che sotto la pressione dell'esistenza del proletariato, termine antagonistico della borghesia, fuoriesce da essa, si colloca al suo esterno 32 - e si fonde con il proletariato generando la sua compiuta coscienza di classe. Siamo di fronte a una fase di transizione, che è borghese ancora (come è borghese il diritto della dittatura del proletariato, il diritto eguale, come è ancora borghese lo strumento-partito, come è borghese lo stato di transizione, il semi-stato leniniano). O meglio: la coscienza di classe, l'ideologia, cosi come il diritto, lo Stato socialista, ecc. contengono insieme il momento borghese come sopravvivenza e la spinta alla sua liquidazione. Mano mano che procede la costruzione della società comunista si attenuano fino a scomparire gli elementi borghesi e trionfano quelli comunistici (fine del diritto e dello Stato, ecc.); ma allora la c. d. ideologia proletaria ha caratteri tutti particolari. In una prima fase essa è commista di ideologia borghese volgare e di spunti critici (marxisti) verso tutte le espressioni dell'ideologia borghese. Mano a mano che si avanza verso il comunismo la necessità dell'ideologia scompare. Insomma in nessun momento intermedio si viene a creare una ideologia e un'arte proletaria: ci sarà un salto dall'autocritica dell'ideologia e dell'arte borghese alla scienza e all'arte di una società socialista, unificata. Il marxismo si pone anche nella fase iniziale, di autocritica del pensiero borghese, come scienza, tuttora parziale, cerca come può di difendersi dalla ideologizzazione (che, entro i limiti in cui si verifica, è opera non di autonoma produzione intellettuale del proletariato, ma di deformazione burocratica, cioè da eccesso di sopravvivenza borghese nell'àmbito di rapporti collettivi di produzione), e dopo la vittoria del socialismo comincia la sua vera evoluzione. Lungi dal ritrarsi per cedere il campo all'idealismo, il marxismo che era stato prevalentemente mezzo di lotta politica in tutto il periodo del capitalismo e della dittatura del proletariato, diventerà sempre più Il metodo della creazione scientifica, l'elemento e lo strumento essen-

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