giovane critica - n. 7 - feb.-mar. 1965

sere parte di una determinata forza egemonica (cioè la coscienza politica) è la prima fase per una ulteriore e progressiva autocoscienza In cui teoria e pratica finalmente si unificano. Anche l'unità di teoria e pratica non è quindi un dato di fatto meccanico, ma un divenire storico, che ha la sua fase elementare e primitiva nel senso di distinzione, di distacco, di indipendenza, appena istintivo, e progredisce fino al possesso reale e completo di una concezione del mondo coerente e unitaria> (p. 11). Lo schema è quello di una evoluzione spontanea, dall'interno, senza salti (se non quello della conversione di un accrescimento quantitativo in un mutamento qualitativo); il punto d'arrivo una concezione globale del mondo, una Weltanschauung di classe. Nel quadro di un pieno storicismo, quindi, anche il marxismo, come concezione del mondo di una classe o espressione di una società divisa in classi, dovrà essere superato: dopo la sparizione della Società politica e l'avvento della Società regolata la concezione del mondo di Marx sarà superata, e - postilla Gramsci - come alla concezione della necessità subentrerà quella della libertà (p. 75). < SI può perfino giungere ad affermare che, mentre tutto 11 sistema della filosofia della prassi può diventare caduco in un mondo unificato, molte concezioni idealistiche, o almeno alcuni aspetti di esse, che sono utopistiche durante il regno della necessità, potrebbero diventare verità dopo il passaggio ecc.>, per es. e lo spirito>, ecc. (p. 96). Passaggio assai curioso, dove sorprendentemente si svela la segreta nostalgia idealistica di Gramsci, soffocata per il presente dalla lucida comprensione dei còmpitl politici e storici, proiettata nel futuro come vagheggiamento di una società dove non esistano phi classi reazionarie che si approprino e distorcano certi concetti. Dove sembra sfuggire che il concetto Idealistico di e spirito > non è da respingersi perché borghese, ma perché non vero, cosi come la teoria marxlsta non è Ideologia del proletariato, caduca con lo stesso (o con la fine della divisione in classi, che coincide con la scomparsa del proletariato, ultima classe), ma è scienza (non concezione del mondo), suscettibile certo di progresso (non è stretta fusione di metodo e di sociologia storica?), ma non di retrograde inversioni. Analogamente si dica per certe posizioni sulla morale, sull'arte ecc., da cui emerge una profonda e semi-conscia riluttanza al compiuto distacco dallo idealismo (ciò che ha, provvidenzialmente anche se inadeguatamente, tutelato il Partito dalle grossolanità zdanoviane, ma ha favorito cedimenti e sviste di altra e phi provinciale natura). La chiave del problema è ancora, a nostro parere, nella concezione leniniana della coscienza di classe e dell'organizzazione, esposta a partire dal Che fare? Come giustamente nota Lukacs, non si tratta di un problema tattico, ma propriamente filosofico, implicante tutto il rapporto teoria-prassi. Ma - occorre aggiungere - vi è un altro aspetto e teorico > del problema partito-organizzazione, che investe direttamente e dall'interno il momento della teoria. Se difatti accettiamo l'accezione leniniana per cui Il grado pili alto della coscienza di classe, cioè la coscienza socialista, politica, non meramente economico-spontanea, proviene dalla fusione del proletariato e dell'apporto esterno del socialismo (la teoria materialistica), occorre respingere decisamente ogni tentativo di fare del marxismo, del materialismo storico ecc. l'ideologia del proletariato: la teoria marxista è scienza tout court, che nasce naturalmente sul terreno di una società divisa In classi, da essa riceve limiti provvisori (resta quindi aperta la possibilità, anzi la necessità di un suo continuo sviluppo e perfezionamento) e In essa è spinta a trovare nella classe progressiva, ultima, il proletariato, lo strumento pratico per la soppressione delle classi. Ponendosi come scienza materialistica e demtst1tlcatrice della reificazione del rap- - 31

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