luzionaria: che non è pili barricadiera, a scontri frontali con il nemico, 'poetica'. Ma sembra ancora difficile capire appieno, tanto da ricavarne mezzi narrativi e linee d'espressione, che questa nuova situazione, • prosaica' Invece che ' poetica ', non è meno drammatica e epica di quella precedente: che costruire lo Stato (le istituzioni dello Stato socialista, gli organi di un partito nuovo, le forme di gestione dal basso del potere, la ricerca dell'autogoverno popolare e dell'educazione politica delle masse come unica garanzia contro le degenerazioni del burocratismo) non significa diminuire ma accrescere la carica e la tensione rivoluzionarla, la responsabilità e l'impegno politico del singolo intellettuale. Invece alcuni ml sono sembrati smarriti, un po' smontati di fronte alla linea egrigia > che ora segue la rivoluzione, fiduciosi che Fidel Castro decida sempre, e sempre bene, per conto loro. Insomma, affiora a tratti il pericolo, o il rischio, della pigrizia, della stanchezza, della vaga nostalgia di forme comode, sfaticate; un non saper che pesci prendere, una tendenza al vittimismo. La critica cinematografica, nel complesso, non aiuta a chiarire le idee e non collabora con gli autori: piuttosto incolta, si butta sulla parafrasi degli argomentt posittvt predicando il catechismo delle formule 'sane' o si sdilinquisce per certe acrobazie formali che sollevano un po' di polvere. 3 - I cineasti cubani stanno ormai comprendendo, e giustamente, che la questione primaria, per loro, sta nello stabilire un contatto durevole con il pubblico popolare cubano (infettato per decenni dal peggiore cinema statunitense), senza sacrificare minimamente, si captsce, la ricerca dt un ltnguaggto personale, distante dalle bolse descrizioni impropriamente dette sociali. E niente nega che uno dei tantt punti di partenza, possa essere, che so?, un genere: il western cubano, o 11racconto delle gesta di personaggi leggendari e famigliari o delle Innumerevoli, straordinarle «avventure> vissute dai rivoluzionari: prima della rivoluzione, nella Sierra, e dopo. Ma a questo punto devono prendere coscienza di due prospettive errate nelle quali potrebbero facilmente incappare. A proposito delle opere cosiddette popolari: rifugiarsi sul gradino plu basso (Il facilismo adatto ad un pubblico di minorenni, incapace di crescere e di diventare politicamente adulto) e cedere alla grossa tentazione di una distorsione statica del folclore. Il folclore, che a Cuba ti trovi sempre davanti, come elemento di tradizione vitale (una carica 'sfrenata', antinaturallstlca, gremita di estri surreali), ma anche come surrogato di circostanze reali altrimenti complesse, ed anche oggetto di contemplazione inerte (Il figurino del cubano furbo, sensuale, gesticolante, canterino) ed estetizzante da parte di parecchi intellettuali (il loro modo mistificato di c andare verso > e «stare con> Il popolo). L'altra strada da battere, se intendono agganciare saldamente questa massa di spettatori cubani, sta nell'organizzazione della cultura cinematografica: una rete di cineclub che copra l'Intero paese; Indagini precise e differenziate sul pubblico; Intervento della scuola a tutti I livelli; collegamento del cinema con l'esperienza della televisione e del teatro popolare; Incontro frequente degli autori con il pubblico, In cui gli uni e gli altri, pazientemente, si educano Insieme; approfondire la teoria e la pratica del lavoro di sceneggiatura; quando potranno, l'acquisto di attrezzature per Il 16 e 8 mm. E aumentare gli scambi con tecnici e collaboratori seri di altri paesi, I quali Intendano lavorare senza paternalismi nel quadro di questa situazione cinematografica: nata lavorando in un paese in guerra o minacciato continuamente d'invasione, un paese accerchiato che vive come una trincea avanzata, e dove ogni cineasta viene preso da cento Impegni politici e organizzativi. Pio Boldelli - 27
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