della direzione del partito, e dirige il giornale del partito: egli si fa portavoce di posizioni dogmatiche che operavano ancora largamente. Il pretesto per l'aggressione dogmatica nasce da un breve scritto inviato al giornale Hoy da un lettore, il 12 dicembre 1963. Diceva: e Mi riferisco a quel nuovo tipo di pellicole che si proiettano nelle nostre sale cinematografiche, nelle quali si mostra la corruzione o la immoralità di alcuni paesi o classi sociali, ma senza prospettare nessuna soluzione positiva. Sappiamo che è difficile che in una pellicola del cine capitalistico si dia una soluzione giusta alle denunce che possono essere presentate. I casi che mi paiono particolarmente negativi sono quelli di argomenti come La dolce vita e Accattone - italiani -, L'angelo sterminatore - spagnolo -, Alias Gardelito - Argentina -, e da altre che ora non ricordo. La mia domanda concreta è questa: è positivo offrire al nostro popolo pellicole con questo tipo di argomenti disfattisti, confusi e immorali senza far precedere, almeno, una spiegazione su quanto si va a vedere?>. Il giornale risponde iniziando con questi grevi argomenti: < No hemos visto las peliculas que relaciona, asi que no podemos dar una opini6n concreta acerca de ellas, aunque por los dtversos comentarios que hemos otdo a trabajadores que Jueron a verlas no nos parecen recomendables para nuestro pueblo, en generai, ni, en particular, para la juventud. El cine es un arte o entretenimiento que llega a las grandes masas >. E terminava minacciosamente: e No son los Accatones ni los Gardelitos modelos para nuestra juventud. Nuestro cine deberta tenerlo en cuenta >. La discussione termina apparentemente senza vincitore: ma, in concreto, Roca si trova costretto per due volte a precisare che parla a titolo personale e non a nome del partito o del governo; inoltre Guevara continua a ricevere i soldi necessari per l'acquisto di film del genere di quelli pesantemente incriminati. Poco tempo dopo (1964-65), il cinema cubano affronta i primi passi della sua epoca adulta: la costruzione di un'industria cinematografica e la produzione di una media di otto film all'anno. A Cuba ho visto accuratamente i film della produzione locale (e, ahimè, anche le disgraziate coproduzioni: con registi russi, cecoslovacchi, francesi... quasi sempre si tratta di esercitazioni insensate, scialacquatrici); ho discusso a lungo con gli autori (registi, sceneggiatori, ecc.); mi sono informato sull'organizzaione dell'ICAIC; finalmente, presenti i dirigenti dell'ICAIC, gli autori e i tecnici, ho svolto una relazione sulle mie impressioni a proposito del cinema cubano: parlando francamente, e anche con durezza, ma senza presunzione o paternalismi (che è la maniera piu apprezzata dai Cubani, che hanno ormai a stufo i complimenti e i convenevoli). Non fa bisogno di rimarcare che stiamo parlando di un cinema (nell'intera gamma: cultura, arte, industria, informazione, divertimento) che comincia dal niente, solo da qualche anno, in origine con pochissime attrezzature e pochi quadri; senza termini di confronto e di appoggio agli altri paesi centro e sudamericani: tagliati fuori dalle circostanze politiche, o privi di una produzione cinematografica; con giovani cineasti che entrano nel mestiere con scarsa esperienza, e senza potersi neanche agganciare ad un patrimonio culturale e tecnico borghese (poiché la parassitaria borghesia di Cuba, non avendo elaborato niente, niente aveva insegnato o trasmesso). Naturale, quindi, che questo cinema si vada facendo le ossa con l'esperienza, faticosamente, e pagando anche con qualche errore; al solito: solo chi sta fermo non sbaglia, per coloro che guardano l'apparenza delle cose. In sostanza (e rimando ad altra occasione l'esame approfondito, nero su bianco, dei testi e delle varie circostanze culturali), mi pare che i cineasti cubani stiano attraversando una crisi di crescenza o, se pre- - 25
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==