giovane critica - n. 7 - feb.-mar. 1965

messo la radice dentro»; ma, lasciati da parte i residui cli certa metafisica che pur colorava la visione laica di Antonioni, quali le cause, o quale il contesto storico nel quale - o per il quale - ha luogo questa erosione interna? DI qui la necessità di penetrare in questo presente « senza memoria storica> non per via di sensazioni, ma più attraverso quei fattori obiettivi che determinano l'esistenza individuale. Qui il discorso di Antonioni rivela pericolose falle o vuoti di genericità. E poi, fino a che punto la struttura narrativa dell'autore rende questa nuova realtà industriale? I riferimenti usuali, superamento del personaggio e della vicenda, assenza del plot narrativo, fenomenologia del nouveau roman (e sul «comportamentismo> di A. il discorso non sarebbe breve), restano lettera morta - o quasi - finché non aggrediscono il punto centrale della questione: i rapporti tra letteratura (o neoletteratura) e avanguardia (o neoavanguardia) col sistema, e in che modo vi si integrano o in che modo ne sono Interpreti di opposizione'. Cl si potrebbe allora accorgere che l'aspetto strutturale de Il deserto rosso manifesta certe Inadeguatezze sostanziali e che, malgrado tutto, ci si muove, almeno in buona parte, entro quei limiti «preindustriali> che Vittorini, pur con altre pezze di appoggio, lamenta per la letteratura. Giorgio Tioazzi 22 - • « La critica della tecnica, cara agli svizzeri e agli olandesi, alla filosofia yoga e alla psicologia romantica, è vana e controproducente, se non fa tutt'uno con la critica dell'economia e della società" CR. SOLMI, prefazione a T. W. AooaNo, Minima Moralia, Torino 1954). Sui rapporti in genere tra cinema e « fabbrica " si veda l'acuto saggio di FIO BALDELL(nI e Il nuovo spettatore cinematografico, n. 39, aprile 1964) che, per la sua ampiezza, meriterebbe un'analisi a parte. 2 GIANNISCALIA, Dalla natura all'industria ne Il menabò, n. 4. , A ragione lo stesso ScALtA, in altro saggio (Antonioni e l'insignificanza della realtà in Michelangelo Antonioni a cura di Carlo di Carlo, p. 82) afferma che rassenza di analisi psicologica e, ancor più, sociologica, « si spiega con la negazione, ancora idealistica, della oggettività non •naturale', ma intersoggettiva della società "· • ccNon staremo a vagheggiare l'educazione di un novello Emilio, Rousseau medesimo, col suo grido d·allarme, fu vittima dei primissimi avvisi della rivoluzione industriale, e concepi una artificiosa ricostruzione della persona col regredirla allo stato selvaggio» (E. S1c1LIANOin, risposta al questionario proposto da Nuovi ArgomentJ n. 67-68, marzo-giugno 1964, su ccneocapitalismo e letteratura»). • Giustamente TOMMASOCH!ARETI-I in Cinema 60 n. 45, sett. 1964 - scrive: « La questione più viva della fabbrica d'oggi, la subordinazione dell'operaio (o del tecnico o dell'ingegnere o addirittura della moglie di esso) allo strumento, non è vista in nessun momento come possibilità di una nuova acquisizione di coscienza e di conoscenza, bensi proprio nel modo convenzionale, direi ottocentesco, dello schiacciamento "· • « Per me - tengo a dirlo - questa sorta di nevrosi che si vede in Deserto rosso è soprattutto una questione di adattamento li (MICHELANGEALONTONIONiIn, una intervista a Jean-Luc Godard, in Cahiers du cinéma n. 160, nov. '64). 1 M. A., ibid. • In Il Deserto rosso, a cura di Carlo di Carlo, Cappelli, 1964. • Si veda in proposito l'ampio dibattito apparso nel citato fascicolo di Nuovi Argomenti. Tra l'altro, vi scrive VITTORINIa proposito dei vari ccmessaggi »: ccQuello che fa differenza tra ideologia e ideologia è verso che cosa di umano, verso quale umana possibilità, verso quale modello d'uomo si tende a !ar viaggiare il convoglio della specie. Non dunque una differenza metafisica tra umanesimo e antlumaneslmo, ma una storica tra umanesimo e umanesimo li.

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