e le settimane lavorative spesso sono ridotte da 7 a 6 e persino a 4 giorni la settimana. Carbonia diventa una città che muore. Ancora uno sfondo drammaticissimo per un terzo film. Infatti mentre diminuiscono le unità lavorative, la consistenza numerica degli abitanti rimane pressoché inalterata, sulle 40.000 persone. E tuttavia proprio in que• sto c'è il primo segno terribile di sfacimento, perché quelli che se ne vanno (e dal '51 al '57 saranno 17.000 gli emigranti) sono sostituiti, oltre che dai nuovi nati, da strati di nullafacenti, da contadini senza lavoro, da disoccupati di ogni genere, da veri e propri nuclei di indigenti assoluti, che si appoggiano su Carbonia senza nessuna speranza, che si contentano di vivere in baracche, o nell'ex campo prigionieri, e di non morire di fame, sfruttando quelle briciole che ancora Carbonia può dare, attraverso l'assistenza dell'amministrazione comunale, o delle associazioni confessionali, o delle elemosine da chiedere a Segni, o della pensione di 10.000 lire del nonno, o della prostituzione della moglie, della figlia. Questo naturalmente riguarda lo strato piu basso della popolazione, i baraccati di Carbonia, che spesso nulla hanno a che vedere coi minatori. Questi sono rimasti in tremila, e insieme ad altri duemila impiegati, sono ciò che rimane ancora vivo nella città, che impedisce l'abbandono totale della popolazione. Quarantamila persone vivono con un reddito complessivo di circa 300 milioni al mese, con un incredibile reddito medio pro capite di circa 8 mila lire. Questo significa l'im. poverimento progressivo di quanto a Carbonia, ex campo di concentramento per lavoratori, aveva assunto un ritmo di convivenza civile. Le famiglie di Carbonia, dibattute in mille difficoltà, si sfaldano, i figli emigrano, l'insicurezza, l'ansia continua del domani, rendono precaria ogni situazione. I matrimoni sono paurosamente diminuiti : ogni domenica si ricordavano dieci, dodici coppie di nuovi sposi. Oggi mai piu di uno o due alla settimana. I consumi sono ridotti al minimo, e nonostante questo mai città ha avuto un cosi alto numero di piccoli esercizi. Infatti molti ex minatori, prima di cedere e andarsene, si trasformano in commercianti, lll bottegai improvvisati, portando il commercio spicciolo ad una frammentazione pericolosa, in cui non si sa chi sta per fallire e chi guadagna effettivamente qualche soldo. Si frequentano le scuole, invece, perché i giovani sperauo nel « diploma ii come un trampolino sia pur minimo di evasione. In questa città, profondamente malata negli organi di propulsione, la coscienza politica e sindacale si fa però sempre piu viva e profonda. Se Carbonia non morirà, sarà per questa sua forza ancora intatta, nonostante le migliaia di minatori emigrati. Negli anni piu duri della disoccupazione, dei licenziamenti, la classe ope• raia e la popolazione hanno sostenuto e mandato avanti lotte durissime, i cui risultati già cominciano ad essere tangibili. Da mesi sono iniziati i lavori per una super• centrale elettrica, che produrrà entro il '70 tre miliardi di KWh annui di energia a basso costo, uno dei punti piu importanti nel piano di rinascita sardo. Ma in questo pur grandioso progetto non c'è la vera e propria salvezza di Carbonia, perché il minerale necessario ad alimentare la supercentrale non aumenterà che di poco l'attuale pro• duzione, e lo sviluppo industriale susseguente allo sfrutta• mento dell'energia a basso costo porterà alla costruzione d.i fabbriche di poche unità lavorative. Carbonia rischia di diventare il cuore dell'energia sarda, e di continuare a morire come centro urbano. L'unica salvezza della città, che rappresenta anche la grande prospettiva per tutta la Sardegna, è la costituzione di un grande stabilimento chimico per la lavorazione dei sottoprodotti del carbone, pro• getto che fio dal primo consiglio di gestione gli operai avevano proposto, che riapparve nel piano Levi, e che mai, per l'opposizione dei piu forti gruppi monopolistici, è stato attuato. Il dramma di Carbonia diventa il dramma dell'i• sola, dell'Italia tutta: tra i pericoli dell'automazione e dell'economia privata, la città cerca uno sbocco naturale, auspica il reale interessamento dello Stato, di uno Stato aperto agli autentici problemi della società. È un conflitto che pur toccando anche il piu umile degli operai, coinvolge tutta l'attività parlamentare, l'intera coscienza pubblica. - 67
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