!Per un film su Carbonia] L a •toria di Carbonia è ancora tu Ila da scrivere: qua,i ignorala nel continente, eppure densa di a, ,·cntura e dramma, costituisce un e empio tipico del contraddillorio svolgimento industriale del Paese. Questa impressionante non-città, voluta da una economia colonialistica, squallida nelle case e nel paesaggio. non rappresenta un caso limite della Sardegna, o una delle tante follie lasciate in eredità dal fascismo: Carbonia investe in pieno, durante tutta la sua storia, la condizione operaia in Italia. Nella breve ma intensa inchiesta che ho condotto, ho avuto la sensazione di tro- \'armi di fronte non solo ad una realtà cinematograficamente e letterariamente ancora inedita, ma anche ricchissima di conllitli, di episodi immediatamente visivi, di realtà proletarie talmente dinamiche ed essenziali da portare ad approfondimenti di linguaggio immediati, ad un cinema sociale senza mezzi termini ed intellettualismi, ad un film che tracci crudamente la condizione dell'operaio italiano oggi. Stupisce che non si sia ancora realizzato un film su Carbonia (sebbene Monicelli avesse proposto, anni fa, un progetto), tanto importante appare l'argomento nell'ordine storico e nell'ordine spettacolare. Spettacolare perché le vicende della città si svolgono, almeno fino al '48, in 62 - Una città muore un clima quasi western, pionienst1co, si potrebbe dire da febbre dell'oro sottoproletaria, dove l'oro è un lavoro fisso e retribuito, e la febbre è quella di rifarsi una vita, di romperla con un passato di privazioni e di miserie. La tragedia delle migliaia di minatori, che prima e anche dopo la guerra si riversano da ogni parte d'Italia a Carbonia, sta in questa illusione di fare dei soldi in fretta e poi andarsene, come in un Eldorado italiano. Trovano invece un lavoro forzato, e un grande, infernale campo di con• centramento. Questo è già lo sfondo per un primo film. Sarebbe, naturalmente, un film sul fascismo, senza ridere molto sul grottesco dei gerarchi, e diffondersi invece sulla realtà dei minatori in quegli anni, che vivevano quasi completamente privi di famiglia, senza donne, nei cosiddetti « alberghi operai », dividendo la giornata in due parti piene di allucinazione: una nel caldo concitato della miniera, dove quasi ogni giorno qualcuno muore e nessuno protesta, dove il lavoro è febbrile, massiccio, senza requie, perché da ogni braccio in piii di carbone dipende un soldo in piu guadagnato; e una nella pietrificata « città » dalla luce accecante, dalle strade polverose, dalla piazza dominata dalla « torre littoria », dalle funebri case color terra, dove ognuno si prepara il cibo da solo, dorme, gioca a morra, litiga, talvolta si accoltella, perde infine i soldi in mezzo ad una strana folla di personaggi attratti dall'oro: biscazzieri da strapazzo, prostitute alla fine della carriera, osti, trafficanti, piccoli venditori, compagnie di varietà racimolate chi sa come. Una città fuori dal tempo, si direbbe.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==