giovane critica - n. 6 - dic.-gen. 1964-65

tudini mentali del tempo, di tutta la partecipazione effettirn all'av, eoimento politico, era la prima antitesi di Brecht contro il ,·ecchio romanticismo e contro il rivoluzionarismo romantico che fosse mai stata data. E' evidente che altre erano le intenzioni di Brecht, che egli voleva scuotere appunto con questa negatività. Abbiamo spesso parlato con lui di questi inizi. piu tardi egli ha considerato con grande scontentezza questo Tamburi nella noi/e. Ma il suo cammino alla fine doveva condurlo a questo punto: noi potremo riconoscere che la continuità di Brecht io relazione al suo pa•-ato e nel periodo piti tardo si rimanife lava sempre però in modo sorprendente. Poi egli si distoglie da ogni teatro in senso tragico e io senso comico, nella originaria provenienza, e lo •ostituisce con un teatro dello sport e della tecnica. Abbiamo una composizione di Brecht della metà degli anni \'enti con c1uesto bel titolo: Pi11 buoni sports. Ciò lascerebbe intendere - e lo lascerebbe intendere se qui si trattas•e di sport o di competizioni - che anche gli intellettuali praticano sport. Invece Brecht non pensava affatto questo. Egli. anche in questo componimento riguardante i problemi del teatro. sostenne non già che il pubblico dei teatri dovesse praticare un po' di sport nel senso di « men sana in corpore sano» beasi la seguente tesi: che si trattava tra l'altro di liquidare l'abituale pubblico borghese dei teatri, cioè allontanarlo il piu possibile dal teatro e portarvi invece un pubblico sano e capace di capire composto da echstagerennens [ ossia da coloro che corrono la sei giorni] e da tifosi di box. Anche qui Brecht mirava a una pr<lvocazione, a una sfida al pubblico e alla critica. Egli poteva anche non fermarsi qui. Infatti proseguiva - tutto ciò è stato trattato nuovamente nell'indagine moderna - fino alla scoperta dei contrasti tra il teatro culinario e quello epico. Brecht chiamava teatro culinario un teatro di compenetrazione, nel quale, come nella drammaturgia tradizionale fino ad oggi lo spettatore si identificava con l'avvenimento sulla scena, condivideva il dolore di Luisa Millerin e di Hero, sentiva il conflitto tra 54 - libertà e necessità nel contrasto fra il principe elettore e il principe di Homburg, viveva il dubbio sul significalo della propria azione, quale lo portò sulle scene Amleto. Brecht svolse il concetto secondo il quale questa sorta di drammaturgia della compenetrazione dovesse essere sostituita da una drammaturgia che imponesse un riesame critico di tutti gli svolgimenti scenici. E noi conosciamo a fondo tutte le soluzioni sceniche della sua Drarnatik: il sipario a mezza altezza, i cambiamenti di scena aperti, la luce intensamente chiara che si trova sulla scena brechtiana - tutto ciò serviva a frustrare la permanente disponibilità dello spettatore, a rendergli impossibile ogni eccitante penetrazione emotiva nell'avvenimento scenico. Bisognava affermare: qui si rappresenta qualcosa, qui vi sono operai sulla scena, lavoratori della scena e attori, i quali rappresentano qualcosa perché la si possa riesaminare, perché si veda con molta certezza di che cosa si tratti, come possa considerarsi e il perché. Per la vita quotidiana, per il contrasto nella realtà, ogni giorno. Poiché Brecht considerava come difetto capitale di tutta la drammaturgia culinaria goduta in modo eccitato che, come ha detto una volta Theodor Fontane scrivendo una critica teatrale, « alle dieci e mezzo di sera tutto sia finito ». Cioè: il sipario è calato alle dieci e trenta, poi si va a casa e tutto è stato goduto: la gioia, il dolore, l'odio, la felicità, il conforto, l'abbattimento, si è sbigottiti ma ricomincia la giornata lavorativa, si passa ad altro. Brecht - e questa era probabilmente una grandiosa donchisciotteria, come si deve dire oggi, se si paragona il giudizio di Brecht sull'effetto del proprio teatro coi reali effetti di questo teatro oggi - riteneva che col suo teatro si potesse ottenere una relazione totalmente nuova del pubblico non soltanto col teatro ma colla realtà stessa. Egli credeva pienamente di potere ottenere nello spettatore con la sostanza delle sue opere una immediata funzionalità da far valere nella vita di ogni giorno. Perciò egli chiamava il còmpito che gli stava di fronte non solo « creazione di una nuova arte scenica », ma anche, come formulava ancora negli ultimi anni della sua

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