giovane critica - n. 6 - dic.-gen. 1964-65

10 Tale Il momento dell'ideazione del personaggio. Sono d'accordo con Moravia per quanto riguarda gli intenti di Pasolini: il quale ha mirato a darci un Gesù duro, violento, iconoclasta, inflessibile, come appunto doveva apparire ai suoi contemporanei ; difatti, la bontà di Gesù ha, in sede storica, un carattere paradossale e rivoluzionario per cui « nel momento stesso che diceva: Ama 11 tuo prossimo come te stesso, egli diceva qualche cosa che non era soltanto l'espressione di un sentimento, ma soprattutto, rispetto al mondo di allora, qualcosa di oggettivamente sovvertitore ». Niente da spartire, quindi, tra questo personaggio e l'oleografia del Cristo dal lineamenti morbidi e dagli occhi soavi, u igterùco e piacevole », schiodato dalla croce, in posa dentro vagbe architetture rinascimentali. 11 Il giorno, 15 ot_tobre 1964. lo seguono, austero e fermo nel viso bizantino. Attorno si pone il consueto cerchio famigliare: il regista ha voluto dare a parecchi personaggi il volto di letterati amici e vedere nella Madonna la propria madre, Susanna Pasolini. L'altro orizzonte del personaggio sta nella visione politica, profetica che lo fa < campione della rabbia intellettuale>, ingigantendo quella funzione di oppositore che il regista assegna alla propria azione (politica e morale): qualcosa che contraddica radicalmente la « nuova preistoria >, ossia la vita come si sta configurando all'uomo moderno massificato 10 • Il regista ha scrostato la cianfrusaglia della devozione bigotta. Tuttavia la figura che ne esce non somiglia a quella proposta e idoleggiata, contemplata nell'esaltazione autobiografica, ma piuttosto rispecchia un'immagine interna meno distante dalla situazione reale di Pasolini. Figura e michelangiolesca>? e durezza e solitudine di un profeta arrabbiato per amore e vicino al cuore dei contemporanei>? iconoclasta, inflessibile, armato di ira profetica, come si usa dire? Ci si arresta all'apparenza, al gesto, al corruccio della voce. Pasolini non ha vissuto il personaggio in un modo che superasse un rapporto troppo personale: ne deriva una certa immaturità ad affrontare il complesso della figura di Cristo (ignora, per es., i maestri di Gesù, come il profeta Isaia). La figura di Cristo nel Vangelo dà l'impressione di un· vigore, di una maturità, di una forza solenne che qui manca. Le parabole del testo danno sempre l'idea di una grande serenità spirituale e autorità: che nel film viene meno, surrogata dalla frenesia del movimenti e dall'eccitazione nervosa della parola. Lo scrittore Ottiero Ottleri osserva II che il Cristo del film e ci viene addosso sulle nostre abitudini psico-teoretiche, come un incubo, un ciclone, come il nostro rappresentante assoluto [ ... ]. Dall'entrata in Gerusalemme in poi è sconvolgente come fantasma della verità e della coscienza e come punto di riferimento eterno della sofferenza>. Mi paiono parole assai sproporzionate, senza la prova dei fatti. Il personaggio non ha la forza necessaria per reggere i pesi che gli vengono addossati. Quel volto Insieme troppo giovane e troppo fermo (sempre uguale) ignora il fondo sapienziale, da cui giunge l'azione e la predicazione, ossia la potenza della conversione Interiore. L'entrata in Gerusalemme, cita Ottieri. Ma dov'è, qui, l'autorità del protagonista? Fino ad un certo punto consenti con la rappresentazione cinematografica: quel quadro realistico con la folla e il sole, un'aria di festa, gente che passa, a piedi, a cavallo, sul cammem e l'angolatura della macchina da presa su Cristo e gli apostoli fermi a guardare sulla strada polverosa, tra le catapecchie della periferia, nel brul!chlo della povera gente, I praticelli fetidi, - 43

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