gliore, cinematograficamente parlando, per quella tenuta parodistica cli una materia autobiografica dolente e autenticamente sofferta (le comparse sboccate e profane che danzano il twist, il regista che volta le spalle al giornalista ebete stipencliato dal padrone del suo film, quelle corone cli cartone che passano di mano in mano in primo piano, la bajadera di periferia, ecc.). •• Scrive giustamente Guido Aristarco, a proposito della storiografia cinematografica: « Non c'è dubbio che sia piu sostanziale vedere non chi ha scoperto il primo piano o i movimenti di macchina, ma chi li ha impiegati per la prima volta in !unzione espressiva» < Una mostra all'insegna della cultura, Cinema Nuovo n. 171, settembre-ottobre 1964). 11 LtONEL Rooosrn, Conversazione con F. M. De Sanctis, Film Selezione n. 15-16, gennaio-aprile 1963. 26 - fia, scelta degli attori, ecc.) ciò comporta un risultato scadente, necessariamente inferiore o qualitativamente diverso. Si dovrà vedere, caso per caso, se la finzione è di cartapesta oppure se è indovinata, espressivamente funzionale. Come, viceversa, dietro le parvenze grige e dimesse della realtà quotidiana può celarsi una dose alta di ciarlataneria. Quella realtà grigia, che emerge tangibile sullo schermo, quella fotografia scarna e quelle situazioni il cui sapore, per dirla con Auerbach, ti sale alle nari, sono anch'esse una conquista, sul piano dell'arte, in definitiva una finzione. Cosa che riconosceva lo stesso Lione! Rogosin. Cercare la realtà nelle strade, avvalersi di « persone prese sul posto> girando sui luoghi reali è una forte tentazione ma occorre una precauzione: « la realtà non è sempre qualche cosa che accade, esattamente come accade. Essa è, a volte, una interpretazione[ ... ]> 11 • E piu in là indicava in Kafka« il piu rigoroso realista del XX secolo>; quel Kafka che, in uno dei pensieri schedati da Gustav Janouch, diceva: < la vera realtà è sempre non realistica>. 4) Il problema della sceneggiatura come genere letterario autonomo, posto con particolare insistenza dai sovietici (non a caso: già dalle sceneggiature si rivela l'esistenza o meno del proposito ammonitore e didascalico, esse consentono un controllo burocratico, ecc.). Cosa possiamo cercare in una sceneggiatura pubblicata a parte? Un insieme di appunti, i frammenti di un film da fare, certe caratteristiche d'avvio (ambientali, taglio dei personaggi, ecc.) oppure un « solido traliccio cinematografico>, o ancora gli abbozzi, già cinematografici, di un film che non venne mai girato (citerei il Sartre de Les jeux sont faits: il regista che vi avesse messo le mani non avrebbe avuto il còmpito facile, tanto prepotente era la personalità dell'autore - il cui testo era qualcosa di meno di una sceneggiatura e molto di piu di un semplice soggetto -, la sua visione d'assieme). Possono esserci sceneggiature valide di per sé, con un proprio sapore e compiutezza, nelle quali l'autore è già definito (non includerei fra queste, d'accordo con Baldelli, quelle di Bergman), ma non un genere letterario autonomo - con proprie virtualità e leggi Interne, storicamente costituitesi. 5) La polemica, cui erano già dedicate alcune taglienti pagine della Sociologia del cinema, contro l'interpretazione psicologistica del personaggio: che viene talora spogliato del tono complessivo dell'opera e, ritagliandone virtù e difetti, giudicato a sé, come fosse un personaggio storico. < Un caso esemplare di lettura psicologica del personaggio > è toccato proprio all'Amleto scespiriano: < La critica ha In genere teso ad Isolare il personaggio di Amleto dalla tragedia, a creare anzi un vero • caso Amleto ' quasi
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