e Direzione politica libertà intellettuale Si può ritenere a) che nell'Unione Sovietica non si abbia una realtà socialista, oppure b) che quel socialismo porti le stimmate dell'esser russo (assenza d'un tirocinio democratico-borghese, ecc.). Sarà lieve fatica allora il progettare l'armonioso sistema d'un futuro post-moderno, e in una nicchia del bell'edifizio troverà posto la soluzione del < problema degli intellettuali>. Ma se si pensa a) che nell'Unione Sovietica si verifichi un'esperienza socialista (se d'un socialismo in costruzione, o d'un socialismo che trapassa in comunismo è una questione che, almeno ora, possiamo abbandonare ai manipolatori occulti dell'ideologia) e b) che la e russicità > non sia, naturalmente, una quantité négligeable, ma neppure l' « apriti sesamo> del mysterium, allora il nostro lavoro politico-teorico sarà men lieve perché dovremo fare i conti con le cose reali. La nostra tesi è la seconda: non fantasticheremo quindi utopisticamente, né ci atteggeremo et paladini della e libertà > (benché il problema delle libertà ci stia ben a cuore dentro e fuori il socialismo). A questo punto una strada maestra si apre: quella del biasimo dello stalinismo e della lode del leninismo. (Qualcuno batte beato e tranquillo la via laterale del trotskismo.) Stalin è il guastafeste, e ci si chiede anche se ce n'era poi proprio bisogno (prima ancora di interrogarsi sulla e svolta > staliniana si dovrebbe 8chiarire il concetto di inevitabilità storica). Di qui il disappunto, di qui lo stupore: il «cattivo> non c'è più e le vecchie buone « norme » tardano tanto a fare ritorno! C'è poi un altro atteggiamento, quello tra scettico e stoico di chi sembra dire: « La storia s'è fatta sempre ad un modo, e il socialismo è una cosa difficile: 'La storia è pazienza grande come la Siberia. Non far mostra di passione, non seminare il panico. La strada della felicità è più lunga dello Ensej' (da una poesia di Boris Slutskij) >. S'intende da sé, entrambe le posizioni hanno una loro verità. E' vero che al tempo di Lenin e certe cose non succedevano > e che i primi due lustri postrivoluzionari, che pure non furono rosei, non registrarono i delitti dell'età staliniana. E' quindi doveroso stabilire le esatte differenze e ripulire il pensiero e l'azione di Lenin dalle incrostature successive (si pensi, per addurre un solo esempio, alla falsificazione, dura a morire, che Stalin fece della nozione di « partitarietà > della letteratura). E ai candidi ottimisti (ma ne esistono ancora?) è parimenti opportuno rammentare che la Storia dopo uno zig fa uno zag e spesso per fare un passo avanti ne deve fare prima qualcuno indietro. Ma queste sono verità ausiliarie, se cosi si può dire, non verità risolutrici. Il socialismo non ha ancora chiuso i problemi di ieri che già ne apre di nuovi oggi. Non ci offrono scampo né un falso stoicismo, né un superficiale utopismo, né uno sterile negativismo. Vale soltanto l'ininterrotta volontà di capire e verificare, di conoscere e di agire. E' questa la soluzione che riesce più avversa ad ogni carismatico autoritarismo, il quale vorrebbe imporsi non soltanto come l'unico dispensatore di soluzioni, ma anche come l'unico banditore di problemi. E' questo il còmpito dell'intellettuale fedele alle idealità del socialismo e del comunismo in Italia come nell'URSS, a Cuba come in Cina. Un còmpito intrinsecamente difficile.
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