giovane critica - n. 5 - ott.-nov. 1964

confrontare le conclusioni critiche raggiunte. La necessità che su questo punto si insista ci sembra suffragata da una considerazione: in questi ultimi anni si è assistito ad un moltiplicarsi di esperienze artistiche che hanno mirato alla ri•co truzione di un linguaggio filmico svincolato dalle sclerotizzate norme espressive che hanno finora caratterizzato la drammaturgia cinematografica. Il carattere programmatico, di consapernle ri,olgimento dei modi rappresentativi distingue rodierna opera di corrosione del tradizionale linguaggio da analoghe esperienze del passato, dove l'interesse artistico predominante non era tanto un problema di forme quanto di contenuto ( adottando tali termini con quel margine di indistinto che suddivisioni del genere comportano). Dinanzi ad un fenomeno di que to tipo le reazioni opposte, di entusiastica ed aprioristica accettazione o di esplicita ripulsa ,ono egualmente errate: si tratta di un fatto che non si può accogliere o rifiutare in quanto tale, ma che occorre studiare per conoscerne gli eventuali motivi di validità. Ora, l'errore in cui è caduta talvolta la critica cinematografica dinanzi ad un fenomeno del genere è derivato oltre che da con<iderazioni di ordine ideologico, da una nozione astratta del linguaggio filmico e probabilmente il problema sarebbe stato ricondotto nei suoi giusti termini solo se si fosse prestata maegiore attenzione all'oggetto stesso del discorso. Di qui l'importanza, cui sopra si accennava, di una critica filologica: importanza sottolineata da P. P. Pasolini in una dichiarazione contenuta nel Carnet di 'Mamma Roma' 12 • dove - a parte le non accettabili conclusioni circa un necessario scadimento della qualità della critica cinematografica in quanto operante in un raggio più ampio di quella, ad e•empio, letteraria -, si toccano alcuni punti di notevole interesse: « Uno degli elementi più importanti nella critica letteraria italiana è la critica filologica, o per essere più esatti, la stilcritica, una critica estremamente interessata allo stile delle opere prese in esame. Essa consiste, secondo l'operazione tipica del caposcuola della stilcritica che e Leo pitzer, nel compiere questa operazione: partire da uno stilema, cioè da un campione stilistico dell'opera 30 - per allargare poi l'esame allo stile di tutta l'opera e per poi passare al contenuto, all'origine ideale di quest'opera. Una critica cinematografica che si avvicini sia pur vagamente a questa critica filologica, tipica della letteratura italiana ed europea mi pare proprio non esista. Manca in Italia una critica cinematografica che entri nei testi per mezzo delle chiavi più adatte. E la chiave più adatta ad entrare in un testo, lo ripeto, è quella filologica. tando così le cose, la nostra critica non mi soddisfa se non in rari casi. In questi casi io rispetto il punto di vista, ammiro una certa realtà, un certo acume di esposizione, ma non cerco mai il metodo adottato dai critici cinematografici italiani ». Necessità di una critica filologica applicata al film, dunque. Ma in che senso si può far riferimento a Spitzer e alla stilcritica? E' chiaro che ogni scelta metodologica è anche una scelta ideologica e C. Cases ha acutamente individuato il fondamento irrazionalistico sul quale riposano le indicazioni ed il metodo spitzeriano, riprova implicita della funzione complementare che la critica filologica svolge di ausilio ad indagini di altro tipo. Oltre a ciò, si consideri pure il pericolo latente in operazioni del genere: il rischio dell'astrazione e della destoricizzazione del linguaggio filmico è sempre nascosto nelle analisi critiche che pongano un interesse esclusivo sui mezzi espressivi attraverso cui si organizza il materiale artistico. Rischio che non riuscì ad evitare la critica cinematografica nell'immediato dopoguerra, quando, con l'eredità passiva del cosiddetto cinema cinematografico, dovette fare i conti con nuove forme artistiche, che furono poi ricondotte ad un 'ipotetica terza via del cinema: il cinema cinematografico era infatti il risultato di una elaborazione del linguaggio filmico affatto astratta, non fondata cioè sulla necessaria definibilità storica dei suoi mezzi espressivi. Lungi quindi dall'ipostatizzare il linguaggio del film, il richiamo alla critica filologica servirà invece ad una maggiore concretezza, ad un'autentica verifica delle ragioni culturali che agitano l'attuale discussione sul cinema. Essa quindi muoverà da un 'esigenza di una maggiore determinazione delle conclusioni cui si

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