giovane critica - n. 5 - ott.-nov. 1964

me del cinema odierno, aJle quali non può negarsi quella funzione stimolante che contraddistingue sempre le esperienze artistiche autentiche. D'accordo che sarebbe altrettanto tendenziosa l'affermazione che l'unica arte possibile oggi ( nel sensc, che sarebbe l'unica ad offrire un 'immagine veritiera della realtà contemporanea) debba esssere l'avanguardia, e che quindi l'unico cinema oggi sia quello di un Resnais o di un Godard: si riprodurrebbe in questa affermazione lo stes o errore al quale si è prima accennato, cioè il carattere alternativo, di racLicale opposizione con cui vengono prospettati i termini dell'attuale problematica critica. E' naturale perciò che in un 'ideale ed astratta alternativa, ci troveremmo schierati da una parte precisa: ma ciò significa. a parer nostro, spostare i punti della questione e non affrontare il momento decisivo cLiessa, che è una definizione non limitativa della nozione di realismo in arte. E' noto come in questi ultimi anni si sia tentata in Italia, ad opera di Galvano della Volpe, una sistemazione integralmente materialistica dell'estetica, alla cui luce è stato possibile dare un nuovo significato ad alcune centrali affermazioni, sulla base delle quali si è costruita l'impalcatura cLiun'estetica marxista, come ad esempio quella di Engels sull'arte di Balzac o quella di Lenin su Tolstoi ed il carattere realistico della loro opera. Dalla fondazione della volpiana del concetto cLiarte e dal carattere ' necessariamente ' razionale di ogni espressione artistica, il concetto di ' idea ' conténuto nell'affermazione engelsiana assume il più vasto significato di 'idea in genere', senza la predeterminazione che delimita la nozione di realismo nell'estetica lucacciana. La razionalità presente in ogni espressione artistica sopporta anche una diversa base ideologica, diverse Weltanschauungen che un artista esprime nella sua opera. E' logico che una tale accezione più lata cLirealismo in arte, proprio per la ineliminabile 'determinatezza storica' o razionalità che ogni idea artistica implica, risulta nella sua vera luce, quando di essa si sottolinei la sua funzione conoscitiva della realtà contemporanea, quella funzione che Lenin, nel noto articolo su Tolstoi, sottolineava, nel suo carattere di più im28 - mediata praticità, sostenendo che « dallo studio delle opere letterarie di Tolstoi la classe russa dei lavoratori imparerà a conoscere meglio i suoi avversari », dopo aver incLicato nel realismo del grande romanziere « lo specchio della debolezza e delle deficienze della nostra rivolta contadina ». In che senso è possibile estendere tale nozione di realismo all'attuale discorso sul cinema? Una verifica in tale direzione ci sembra oltre che opportuna, necessaria: è noto il consenso non superficiale che alcune espressioni non ' realistiche' dell'arte odierna, come l'irrazionalismo bergmaniano, raccolgono ed è significativo che un critico così attento e di così spiccata formazione lucacciana come Aristarco, nelle sue dense analisi di alcune espressioni tipiche dell'avanguardia cinematografica, oltrepassi felicemente le sue premesse metodologiche ( ne fa fede anche la ripetuta preferenza assoluta accordata negli ultimi due anni ai film di Bergman) per approdare ad una più comprensiva valutazione del decadentismo cinematografico. Dal che sembra legittimo dedurre che, sia pure muovendo da una base che - in termini strettamente ideologici o politici - potremmo dire ' non-progressista ' ogni autentica espressione artistica, in quanto storicamente verificabile e verificata, supera la propria posizione per giungere ad una rappresentazione << di qualche tratto essenziale della realtà ». Vogliamo perciò continuare a definire anarchica, priva di prospettive la ' nouvelle vague ', nelle sue espressioni migliori ( quelle che contano naturalmente, non quelle contrabbandate)? D'accordo, ma ciò non toglie che attraverso la trascrizione allegorica della realtà, che rimanda ad un « nulla trascendente », di Marienbad o attraverso la negatività umana e la lucida disperazione che sembrano caratterizzare l'opera di Godard (A bout de souf /le - Vivre sa vie) o di Truffaut (Jules e Jim) ci è stato possibile allargare i confini della nostra conoscenza del mondo contemporaneo, del quale i film summenzionati costituiscono una testimonianza scettica, disperata o ironica, ma pur profondamente sofferta. Ed ancora l'irrazionalismo laico cLiAntonioni, angosciosamente privo di soluzione o la prospettiva miracoli-

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