nozione della cultura. come unità nel cui seno si riproduce il carattere unitario della società che la esprime. Soltanto la con apevolezza di un rapporto organico fra la cultura (la critica) da un lato e tutte le forze ideali che fermentano in una società ( quindi poljtica, ideologia, etc.) potrà consentire una elaborazione moderna e veramente militante della critica cinematografica. Alla quale resta impregiudicato il compito ili un 'analisi che scopra all'interno ili questa unità le contraddizioni, le aperture o le involuzioni delle sue manifestazioni artistiche. Il risultato avvertibile di tale nuovo indirizzo verso cui stava rivolgendosi la critica cinematografica fu l'inclusione nell'àmbito degli interessi culturali e ad un livello cH consapevolezza fino a pochi anni prima sconosciuto ed imprevedibile, di alcuni registi sui quali si doveva incentrare negli anni successivi la polemica che ancora oggi mobilita le forze più vive della nostra critica. Come punto ili riferimento a questo proposito potremmo citare la finissima analisi di G. Aristarco ili un film riassuntivo ili fonti culturali in certo modo estranee alla nostra tradizione: vogliamo ilire Ordet ili C. T. Dreyer, che inseriva con la sua autorità e con il prestigio del suo autore la problematica esistenziaHsta ed irrazionalistica nel discorso vivo della critica. Si confronti questa recensione con le fin troppo disinvolte stroncature cui il film fu sottoposto da altri critici, cui non ilifettava e non ilifetta sensibilità od acutezza, per avere chiara- la coscienza della frattura che una malintesa milizia critica aveva creato nel corpo stesso degli stuili cinematografici italiani. li riferimento a questo film di Dreyer non è certo casuale. L'opera del grande regista danese e la ideologia in essa implicita legavano il discorso della critica cinematografica ad alcune delle più significative esperienze della cultura europea del novecento: l'esigenza di una saldatura si faceva sempre più viva. Non era il caso di liquidare Dreyer - e con Dreyer tanti autori riconducibili alla stessa matrice culturale - alla maniera cui era solito Umberto Barbaro, nella cui opera critica si riflette così scopertamente l'errore cui si è fatto cenno all'inizio. E' nolo 24 - infatti ciò che Barbaro iliceva di Dreyer: « un regista reazionario, dal cervello fumoso e ingombrato ili pregiuilizi ridicoli: la maggior parte dei suoi film è roba da rigattiere che vuol atterrire e che fa ridere »; per cui, con involontaria ingenuità, egli affermava che restava sempre aperto il problema dj capire come mai l'autore dello « stupido » Dies irae avesse creato anni prima quell'iniliscusso capolavoro che è La passione di Giovanna d'Arco; che era una maniera poco elegante di affrontare e risolvere un problema così notevole 3 • L'esigenza dj superare le provvisorie sistemazioni nasceva anche dall'esame del cinema italiano e delle strade nuove che esso, proprio intorno agli anni successivi alla conclusione del neorealismo, stava iniziando a percorrere: riprova della necessità ili aggiornamento degli strumenti critici, del loro misurarsi con la realtà artistica e di trarre da questa le conseguenze opportune. Tale diversa realtà artistica colse quasi di sorpresa la nostra critica più attenta, la quale o trascurò alcune espressioni nuove del cinema italiano o assunse un atteggiamento di diffidente attesa: in un modo o nell'altro peccò per eccessiva fiducia nelle possibilità e nelle capacità di penetrazione del proprio metodo critico. Basti considerare che Antonioni e Felliw, tanto per citare due punti obbligati dell'attuale discussione, dovettero attendere questo mutato cHma culturale perché la loro opera fosse valutata in tutti i caratteri di novità che essa conteneva. Eppure I vitelloni o La signora senza camelie già presentavano definita quella personalità e quei caratteri che in seguito sarebbero stati oggetto di così attento esame. 1 Nnturalmcnle queste considerazioni riguardano la critica specializzata: il solco che separo questo dolio critica dei quotidiani o dei settimanali permane tuttora ed alcuni episodi, come il caso Visco• tin1, rivelano chiaramente il carattere condizionato ed eteronomo di quest'uhimo. 2 In Cinema Nuovo, n. 95, p. 306. 3 Cfr. Prefozione o Il cinema e l'uomo moderno, Milono, 1950.
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