Evoluzione e prospettive della critica cinematografica 1. Un tentativo di definizione della critica cinematografica in Italia, quale si è configurata nel corso degli ultimi anni e del suo diverso atteggiarsi di fronte alle varie manifestazioni che hanno caratterizzato il panorama artistico degli anni '60 non può non prendere come punto di partenza le vecchie mediazioni e condizionamenti che per lungo tempo ne hanno frenato la naturale evoluzione verso una più moderna interpretazione della mutata realtà artistica. A questo proposito un punto è necessario sottolineare con particolare fermezza: la critica cinematografica italiana si è venuta sempre più fondando su un implicito rifiuto di una sua subordinazione a fini politico-ideologici '. Nella funzione strumentale da essa svolta in passato, infatti, indicheremmo il tratto caratteristico della pubblicistica cinematografica che prende le mosse dal dopoguerra fino a toccare anni da noi non troppo lontani. La funzione eteronoma svolta dalla critica cinematografica implicava l'accettazio~e di un artificioso dualismo fra politica e cultura: su questa scissione, che oggi appare chiaramente come l'equivoco di fondo della critica militante, si era venuta tessendo la ricca, generosa trama di una battaglia culturale di cui pare superfluo sottolineare ancora l'importanza e la spinta vivificatrice e rinnovatrice. Essa si spiega solo se si consideri come la critica cinematografica italiana era maturata sul terreno idealistico, io un'atmosfera culturale che non poteva non lasciare il segno in una disciplina di studi sviluppatasi in un clima di inferiorità. Nella sua artificiosa strumentalizzazione si riproduceva ancora una volta l'insufficienza di una tradizione che, ponendo dei confini mol22 - to precisi all'attività ed alla funzione dell'intellettuale, ne svalutava la capacità di effettiva incidenza nell'azione concreta della lotta culturale. Ma la realtà di quegli anni di accese battaglie, di problemi che imponevano scelte indilazionabili assegnò un compito molto preciso al critico cinematografico consapevole del suo lavoro e delle possibilità di indicazione attiva che esso offriva. E la realtà di quegli anni era il neorealismo, insidiato da tanti oppositori ed affossatori ed alla cui sopravvivenza era affidata la voce più limpida dell'Italia. Ma alla cultura cinematografica più sensibile, a quei critici della generazione che si era nutrita di idealismo e che pur ne aveva avvertito i limiti e l'insufficienza non si pose con altrettanta chiarezza l'urgenza di prospettare in una coerente, nuova concezione la funzione ed i compiti di una critica cinematografica moderna e spregiudicata. Permaneva sotterranea, ma qua e là scoperta ( così ad esempio l'esperienza di una rivista importante come La Rassegna del film, intorno agli anni 195254) la convinzione di una critica che aveva dovuto scendere in armi dietro la pressione dei fatti: quindi per esigenze tattiche piuttosto che per una sua naturale vocazione. La crisi non tardò a scoppiare: l'espressione più tipica e significativa di questo stato fu senza dubbio il dibattito che sulle colonne di Cinema Nuovo venne promosso da Paolo Gobetti io una confessione che assunse il titolo emblematico di Sciolti dal giuramento. lo essa l'autore, dopo aver dichiarato il proprio disagio di fronte ad alcune pagine critiche scritte a proposito di certi film nel dopoguerra, aggiungeva: « Non sembri un paradosso. Riconosciamo che,
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