giovane critica - n. 5 - ott.-nov. 1964

lizzato i procedimenti concreti della prosa, fissandosi sui dettagli descrittivi, ma aveva tentato la metafora, l'iperbole, il ritmo, cercando di strutturare una specie di suo e linguaggio poetico>, un e sistema di soluzioni poetiche>. Dovzenko stesso scriveva: « La densità estrema degli avvenimenti mi ha costretto a sottomettere il materiale a una pressione di diverse atmosfere. Io ho potuto farlo ricorrendo al linguaggio poetico, e così ho trovato una mia particolarità creatrice>. Dziga Vertov scriveva nello stesso tempo: « Io sono un poeta del cinema>, e io lavoro nel campo del cinema poetico documentario>, « il mio dominio è il cinema poetico>. E realizzava i suoi e cinepoemi > trovando e congeniali allo stesso modo la canzone popolare e la poesia di Majakovskij >, e istituendo « il montaggio metrico>, costruendo ritmicamente le sequenze, r:cercando la densità semantica del cinema nel dinamismo interno delle inquadrature considerate come tangibili metafore, come cadenze visive, ripudiando estremisticamente forse - ma ogni vera azione, come diceva Stendhal, non è forse un estremo? - « il dramma cinematografico>, come e oppio del popolo,. L'uso stesso della parola era e poetico >, non solo perché molto spesso le didascalie erano veri e propri versi, ma perché il loro rapporto con le immagini era ritmico. L'autore-poeta cinematografico si rivolgeva direttamente al pubblico, lo interpellava - « voi che fate fare il bagno alle pecore nel mare / e voi che glielo fate fare in un ruscello / voi che vivete nei villaggi del Daghestan I voi che nell'ottobre abbatteste il potere del capitale [ ... ] > - creava, voleva creare, < un tempo e uno spazio cinematografici>, diversi da qualsiasi tempo e spazio ottico-sensibili normali, quotidiani, banali. E per questo attaccava « la miopia legalizzata> del cinema prosastico e agli ordini di un occhio imperfetto e poco acuto> ( e fino ad oggi abbiamo violentato la cinepresa e l'abbiamo indotta a imitare il lavoro del nostro occhio. E veniva selezio16 - nata la parte migliore dei fotogrammi. Da oggi, invece, dovremo liberare la macchina da presa da ogni vincolo e farla lavorare nella direzione opposta, più in là dell'imitazione »). Oggi nessun critico di cinema si sognerebbe di classificare questo o quel film fra i « film di poesia > o tra i « film di prosa», ma trent'anni fa Tynjanov poteva classificare La Nuova Babilonia di Kozintsòv e Trauberg nella « serie poetica >, e parlare di un trattamento « poetico e non prosaico> del materiale cinematografico del film. « Forme interamente poetiche, metafore; sono questi i procedimenti utilizzati per questa ode cinematografica». E ancora, nella raccolta Poetika Kino: « Può sembrare strano, ma se si tenta una rassomiglianza tra il cinema e le arti verbali, la sola analogia possibile sarà tra il cinema e la poesia, non tra il cinema e la prosa. La trasfigurazione, grazie al pensiero, di oggetti abituali (le parole per la poesia, gli oggetti per il cinema) apparenta il cinema alla poesia>. Ejzenstéjn, Pudovkin, Dovzenko, Kozintsòv e Trauberg, Dziga Vertov erano allora i rappresentanti riconosciuti della tendenza poetica del cinema, avendo contro il povero Gheràsimov, Vasiljev, Ermler e Romm ... Ma dove sono andate a finire oggi quelle appassionate polemiche, dove è andato a soffiare quello spirito ribelle contro ogni arte e piatta e protocollare >, contro il cinema d'appendice, contro il cinema delle « messe in scena >, delle « traduzioni visuali >? Il cinema poetico dava « l'immagine> del mondo, non «rappresentava>, non puntava sul «finito>, sul e tutto detto > ma sulla generalizzazione ottenuta con le figurazioni frammentarie, parziali, sul!'« immagine sintetica ottenuta svegliando l'intelligenza percettiva dello spettatore con i dettagli scelti nella più eterogenea e caotica realtà e sommati e giustapposti e sottratti e frazionati col ritmo, la cadenza, l'analogia, l'allusione, l'associazione indiretta, la ripercussione,

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