giovane critica - n. 5 - ott.-nov. 1964

gente si fa male, si rompe le ossa: il crollo del castello di carte della società è quindi aridamente realistico, naturalistico, anzi, e perde ogni significato allusivo, riducendosi al suo senso letterale-materiale, al racconto nudo e crudo di ciò che si vede, non dicendo ment~ di più non ammiccando neppure dietro le quinte del vostro cristallino. Ma il discorso non vale solo per i film comici o satirici: essi ne offrono semmai solo il caso-limite, laddove la risata perde il suo potere d1 riso del pensiero, e si ritrova sola dentro il suo rictus facciale meccanico, angosciata perché non può andare più al di là di se stessa. Solo Buster Keaton continua a non sorridere, spietato, e, nei due minuti In cui appare, con quattro gesti Impassibili, a sottolineare o forse a dirigere lo sparpagliamento dell'umano al quattro venti. Se gli si fosse domandato, oggi come quarant'annni fa, perché non ridesse mai, avrebbe ancora risposto, serio, serio: e Perché? c'è qualche cosa da ridere?> ... Sono più di trent'anni che il processo di spoetizzazione del cinema continua, implacabile. Negli anni 1931-34 si discusse, forse per l'ultima volta, ferocemente e appassionatamente, nell'Unione Sovietica, sul problema della poesia nel cinema. Ejzenstéjn contro Jutkevic. La poesia contro la prosa. L'arte contro il realismo. La lirica delle immagini metaforiche contro la dogmatizzazione dell'arte al servizio della rivoluzione (mentre la rivoluzione è stata fatta e si deve fare proprio perché sia la società a servire finalmente l'arte). Durante il secondo piano quinquennale - sostenne, lucido e tagliente, Ejzenstéjn - si era conquistata e la forma poetica del cinema>. Poi, la «poesia era scomparsa > ... - e Ci si presentano i processi verbali dei gesti dei personaggi. Tutto il potere espressivo dello schermo si è degradato. Lo schermo ha cessato d'essere uno schermo. Non è più che un rettangolo di tela, di un biancore sospetto [ ... ]. E su questo rettangolo si muovono stlhouettes di uomini tutti grigi. Tutto ciò che aveva dato una grazia poetica allo schermo è scomparso, tutto ciò per cui una generazione intera di cineasti aveva sudato sangue[ ... ]>. Ma contro Ejzenstéjn e i sostenitori della forma poetica cinematografica si scagliarono presto, e con violenza, i difensori della prosa cinematografica (confondendo la distinzione tra prosa e poesia con quella tra non poesia e poesia, come se anche la prosa non potesse essere poesia; un errore nominalistico e idealistico). I partigiani della e poesia cinematografica> (anche di quella in e prosa cinematografica>) avevano pubblicato una raccolta di articoli, Poetika Kino, (con scritti di Ejchenbaum, Tynjanov, Kazanskij e Sklovsklj). E Jutkevic attaccò subito il gruppo: e I poeti del cinema sostengono che il cinema è più di ogni altro mezzo di espressione vicino alla poesia - ironizzò - e che le inquadrature scandiscono e ritmano il film come i versi la poesia. Questo famoso linguaggio cinematografico di cui tanti frettolosi innovatori hanno difeso la purezza, questo linguaggio cinematografico le cui sequenze sono divenuti ritmi, e sono stati scanditi come versi, porta alla negazione dell'uomo diventato un oggetto, alla riduzione dell'azione a quella di una marionetta stereotipata. E' questa stessa tendenza che ha valso al cinema sovietico tutta una serie di realizzazioni manierate e astratte elaborate secondo i canoni dell'avanguardia francese [ ... ) >. (... e alcuni capolavori della storia del cinema, quelli di Ejzenstéjn, per esempio - scusate la parentesi senza epoché). Non durò a lungo la lotta, per la verità. Eppure, proprio in quello scontro, molte delle possibilità semantiche e creative del cinema vennero studiate e difese. Allora Dovzenko girava Zvenigora come e un poema cinematografico>, non come un racconto o come un documentario, ma proprio come un poema, e ambiva chiamarsi e poeta del cinema>. Non aveva uti- - 15

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