giovane critica - n. 4 - apr.-mag. 1964

I: il concetto proprio della poesia dantesca, mostra, alla luce delle JJiÙ scaltrite metodologie critiche e delle più affinate ricerche storico-erudite, la sua validità. ga. com. RosA LuXEM BURG: Seri lii .ce/li, a cura di Luciano Amodio, Edizioni Avanti!, 1963, pp. 720, L. 6.000 • Questa splendida raccolta di scritti luxemburghiani contribuisce egregiamente all'opera di diffusione del pensiero - quasi sconosciuto in Italia - della grande rivoluzionaria polacca. Vi contTibuisce anche la lunga, densa e importante introduzione di Luciano A modio: importante veramente, nonostante noi se ne ritenga notevolmente discutibili le conclusioni e l'impostazfone generale. E' impossibile dare in questa scheda un'immagine, la più sommaria, del contenuto ricchissimo di questo volume: le righe che seguono vogliono proporre una serie di spunti che servano di introduzione ad una lettura lenden:::io,a di questa antologia. Di una tendenziosità naturalmente tutta luxemburghiana, nel senso che tralasceremo in questa sede le fasi della formazione del pensiero di R.L., interpretandolo • tutto » sulla base delle opere più mature - L'accumula:ione del capila/e e l'Anlicrilica ( già edite da Einaudi, 1960) -, onde apprezzare in questi termini il valore della sua « attualità • storica e politica. D'altra parte, l'opera di R.L. non è comprensibile allorché si prescinda da quei due scritti: e bene ha fatto il curatore ad inserire nell'economia di questo volume una parte dell'Anticritica, nonostante di essa esistesse già l'edizione einaudiana. Le condizioni storiche su cui si svolsero i tratti polemici delr opera della L. sono quelle descritte da Lukacs nella Di,1ru:ione della ragio,.,. ( cap. su M. Weber) e si espressero in Germania alla fine del sec. XIX nella scoperta di un terreno comune tra il revisionismo marxista e la cultura borghese. « Come è noto, il principale teorico del revisionismo, Bernstein, volle escludere dal mo• vimento operaio ogni aspetto rivoluzionario ( il materialismo e la dialettica dalla filosofia, la dittatura del proletariato dalla teoria deUo Stato ecc.). Il capitalismo avrebbe dovuto riso/ver,i pacificamente nel socialismo, ciò che per la strategia e la tattica del movimento operaio significa che le organizzazioni del lavoro - allo scopo di ottenere riforme, che vengono cosiderate come tappe di questa risoluzione - debbono collaborare con la borghesia liberale e formare con essa delle coalizioni • ( Lukacs, p. 609). Veder chiaro in queste « correlazioni • fu il programma di R.L., nella pro5Peltiva di una fondazione della teoria scientifica della rivoluzione proletaria al livello avanzato della collaborazione tra borghesia riformista e organizzazioni socialdemocratiche. Queste 1< correlazioni » le apparvero in tutta la loro chiarezza in sede di economia politica, allorché essa si a\'vide come fosse impossibile. a partire dagli schemi marxiani di riproduzione (II libro del Capitale), spiegare il processo complessivo delraccumulozione capitalistica. Ecco in breve il modo in cui le si pose il problema: « ammct• tiamo che il capitalista singolo produca, secondo la nota formula, nel seguente rapporto: 4-0c+I0v+lOpv, dove il capitale costante ( e) è quattro volte il capitale variabile ( v) e il tasso di sfrutta• mento è del 100%. La massa di merci rappresenterà dunque un valore di 60. Ammettiamo che il capitalista sia in grado di capitalizzare la metà del suo plusvalore ( pv) e lo aggiunga al vecchio capitale, ferma restando la composizione di questo. Il successivo periodo produttivo si esprimerà allora nella formula: 44c+llv+ +llpv=66. Ammettiamo che il capitalista sia ulteriormente in grado di capitalizzare la metà del suo plusvalore, e così ogni anno. Perché ciò sia possibile, è indjspensabile ch'egli tro"i, non solo in generale, ma in quella determinata prog-ressione, i mezzi produttivi, le Ione-lavoro, gli sbocchi, che corrispondono agli sviluppi crescenti della sua accumulazione ». Che questo processo di allargamento deJla riproduzione avvenga a !pese di altri capitalisti espulsi dal mercato o, viceversa, nel quadro di un'estensione assoluta dello smercio in generale è, al capilo/i,to singolo, del tutto indifferente. Ma se si accetta, dal punto di vista del capitole ,ociale totale. la prima ipotesi, viene a crollare la teoria marxiana del profitto medio ( Ili Libro del Capila/e), che - in quanto teoria del profitto totale - dà aJle teoria del valore del Libro I il suo vero significato. Il problema deJla riproduzione allargata non può essere quindi considerato un processo di emigra:ione di capitali all'interno del mercato, sì invece un processo di allargamento del mercato medesimo, iJ quale pone - come sua condizione - la necessità che, ad ogni ciclo produttivo, la sempre maggiore quantità di merci prodotte riesca ad essere trasformata in cupitale-denaro. Men aveva tentato di risolvere questo problema ricorrendo alla via traversa della ricerca di possibili « fonti di denaro »: la L. sosterrà che « quello di cui in reoltà si tratta è di trovare non una lonte di denaro per pagare le merci, ma una richiesta eUettiva di queste, una loro possibilità di collocamento». Ora, lo schema marxiano della riproduzione allargate pro5Pettava tale collocamento nel quadro puro di una società divisa in due sezioni: capitali•ti e operai. La L., dopo aver fatto notare che Marx inseriva surrettiziamente lo schema della riproduzione sem• plice nel quadro della riproduzione aJlargata, osservava ancora che le condizioni reali dell'accumulazione del capitale totale sono del tutto diverse da quelle del capitale singolo e impostava il proble- - 87

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