giovane critica - n. 4 - apr.-mag. 1964

ne11e scuole Crancesi: la explication des lexles, insomma. l\1a si pensi a ciò che nel suo scritto su Rabelais, Spilzer rimproverava a questo metodo: partire da presupposti inquadramenti storicocritici. Ora è appunto questo che Auerbach dichiara di fare quando dice che la cosa pii, importante per lui è la domanda e non il testo. Dove. per inciso. si vede quaolo sia diilicile per un critico come Auerbach, anche per un critico della sua grandezza, chiarire il rapporto lra l'opera e la storia senza isolare la monade irraziona• listicamente o annegare l'esempio geistgeschichtlich. li testo, dunque serve ad Auerbach per verilicare un concetto storico già elaborato: un concetto che è immanente ai test.i, ma non nel senso in cui la Stilkritik spitzeriana è <( immanente à l'oeuvre » sì piuttO• sto nel senso che esso risulta dallo sforzo di non imporre categorie estranee al corso storico, dalla volontà di enucleare dalJe stesse vicende studiate le categorie che poi saranno filologicamente verificate sui testi ( dr. le ricerche auerbachiane su la court et la ville). Qui, se dio vuole, lo Zirkel im Verstehen è veramente im Verslelien, la storia è veramente storia e non un fantomatico regno degli spiriti (le mentes); la critica è critica e non tautologia e ciò perché l'opera d,arte non è l'en.s realissimum che il critico deve Erleben ma un (atto storico reale che si inserisce in rapporti sto• rici concreti ( cfr. le ricerche dell'Auerbach sul pubblico, sui committenti ecc.), perché, in.somma, la storia non è teologia. Ma qual è dunque il significato del volume dell'Auerbach nella storia della critica dantesca? Come è noto il problema su cui la ricerca critica sulla Divina Commedia s'era venuta ad arenare, dopo il saggio crociano, è quella del rapporto struttura-poesia: ques1iooe inevitabile ove l'operazione critica venga fondata su una estetica irrazionalistica. Ora, la storia della critica dantesca, dai letterati del Rinascimento a Croce, non ha fatto che dibattere insistentemente tale questione, che, in Croce, appunto, perveniva alJe sue estreme conclusioni venendo a chiarire, nello stesso mo• mento, la erroneità di fondo delJa impostazione critica stessa per i risultati palesemente assurd.i cui inevitabilmente arrivava una lettura frammentaria epicuraicamente impressionistica del teslo dantesco. La lettura auerbachiana della Commedia, come è chiaro, ;i pone fuori da questa linea interpretativa e fonda la sua validità sulla reimmersione dell'opera nella storia (spirituale e civile) dell'Europa. La linea desanctisiana che muoveva dal collegamento fra visioni medievali e Divina Commedia viene dall'Auerbach approfondita e allargata. Non si tratta di ricercare i precursori di Dante come io un suo celebre saggio aveva fatto il D'Ancona: Auerbach \'\JOle reimmergere Dante nella storia viva dello spirito e della società europea dall'antichità al momento io cui l'opera 86 - viene scritta: e non si tratte nemmeno di studiare la Genesi della Commedia come con composita ispirazione di erudito positivista e di « critico estetico» crociano aveva fatto il Vossler. E i lunghi excursus nella letteratura patristica e scolastica che accompagnano i saggi Socrae Scripturae ,ermo Humili,, Le preghiere di Dante alla Vergine e antecedenti elogi, Gli appelli di Dante al lettore, sono esempi molto chiari del metodo dell'Auerbach che vuole attraverso lo studio delle esperienze culturali e letterarie precedenti mostrare ciò che è di Dante e ciò che Dante eredita da una tradizione linguistico ideologica più che millenaria: ove non si tratta, ovviamente, di misurare l'originalità di Dante, ma di rein• serire nel contesto storico-spirituale da cui è sorta, la sua opera. A questo punto la inconsistenza teorica e critica della questione crociana viene chiaramente in luce. La famosa « allegoria » è solo un eq·uivoco critico nato dall'ignoranza del.la concezione dantesca della storia. Il saggio Figura, il più interessante del libro da questo punto di vista, mostra che la concezione della storia propria di Dante è il fondamento teoretico della sua poesia, il concetto di essa, come avrebbe detto il De Sanctis. Dante nel momento in cui si fa poeta dello « status aoimarum post mortem » non evade per nulla dal mondo terreno, ma anzi è, dopo i classici, il primo vero poeta di esso: ecco l'antinomia cri• tica da cui prende le messe la ricerca auerbachiana, che viene snodandosi dal primo saggio del volume (Dante poeta del mondo terreno) all'altro grande studio, Figura. L'antinomia formulata già io una lucidissima pagina dell'Estetica hegeliana - quanto hegelismo italiano non ha nemmeno visto Hegel ! - viene dall'Auerbach risolta mostrando nelJo studio semantico di Figura la natura {e, cioè, per lui vichiano « le guise del nascimento ») della teologia dantesca della storia: una teologia che pur non rinunciando a collegare gli eventi della storia umana al piano della provvidenza divina tuttavia ne consenra la reale sostanzialità terrena e quindi ne afferma il vaJore concretamente storico. La intrinseca fondazione concettuale della poesia dantesca viene così lumeggiata dalla ricerca auerbachiana che procura insieme di chiarire la differente natura della allegoria vista come spiritualismo assoluto negante a favore della Gerusalemme celeste la concreta sostanzialità di quella terrena. li recupero della storicità da parte di Dante poeta dello « status animarum post mortem » è così dall'Auerbach studiato nella viva dialettica della spiritualità europea dell'autunno del Medioevo e spiegata nella sua storicità reale. La struttura non viene pii, a configurarsi come un capul morluum dell'opera dantesca e l'intuizione critica del De Sanctis, lasciata cadere dai troppo zelanti « continuatori » della sua opera, che aveva di•tioto dall'allegoria

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