giovane critica - n. 4 - apr.-mag. 1964

borghese, e i tentativi di una elaborazione autonoma del concetto marxiano di « rivoluzione •• per conformarsi alla grande • dialettica • staliniana). Tra il crepuscolo e la notte della cultura europea, Sartre iniziava il lungo e faticoso cammino che senza ascetismo o rinuncie lo ha portato nel marxismo. Sarà compito della filosofia futura riprendere su nuove basi il senso positivo del suo discorso. In questo suo compito essa deve procedere come il cavaliere di Diirer tra la morte e il diavolo. Il suo cammino è la lotta contro l'idolatria e la falsa critica dell'oggettività. po. man. ER1CH AUERBACH, Studi dante,chi, Feltrinelli, 1963, pp. 331, L. 3.000 • Il ,•olume dantesco di Erich Auerbach, recentemente pubblicato da Feltrinelli, è certamente una delle opere pii, interessanti della bibliografia dantesca del Novecento. E sotto questo aspetto dovTà appunto essere discusso. Ciò non può tuttavia esi• merci da alcune indispensabili considerazioni di carattere metodico .. Già la vivace polemica spitzcriana aveva voluto che Auerbach fosse considerato un «compagno di strada» del filologo viennese e cosi la comoda etichetta di « critico stilistico ,. gli (u appiccicata senza diUicoltà. Né le parole, per altro di rara chiarezza, che l'Auerbach scriveva nell'introduzione a Lingua letteraria e pubblico nella larda antichità latina e nel /lfedioevo valsero a por fine al vezzo diventato ormai luogo comune. Diceva infatti allora l'Auer• bach: « Se si accetta il presupposto vichiano dell'unità delle epoche, ogni testo deve offrire la prospettiva che permette la sintesi. Ho spesso applicato questo metodo, specialmente in Mimesi,, ed esso mi collega al gruppo di filologi interpreti dello stile: soprat tutto a Leo Spitzer, la cui attività da lungo tempo ha avuto importanza per la mia. Ma fra la sua e la mia applicazione del metodo c'è una grande differenza. Innanzi tutto, naturalmente, non a tutti è dato facilmente eguagliare la sua fine sensibilità, la sua acutezza e la sua padronanza universale del materiale; meno che mai a uno che all'origine non era neppure un linguista. Ma anche le intenzioni sono diverse. Le interpretazioni dello Spilzer mirano sempre all'esatta comprensione della singola forma linguistica, della singola opera del singolo poeta. In perfetta armonia con la tradizione romantica e con la sua ulteriore elaboru:ione impressionistico individualistica,. egli tende soprattutto a cogliere esatta• mente le forme individuali. A me invece interessa qualche cosa di universale, come dirò meglio in seguito. lo ho sempre avuto l'io• tenzione di scrivere storia; mi accosto dunque al testo non con• siderandolo isolatamente, non senza presupposti: gli rivolgo una domanda, e la cosa più importante è questa domanda. non il testo». E' evidente che ci troviamo qui di fronte a una chiara vo• lontà di distinguere la propria opera critica da quella di L. Spitzer. Tanto più se teniamo conto del contesto in cui le parole prima citate si trovano: l'Aucrbach ha prima esposto - lasciando chiaramente trasparire la sua appassionata adesione alla sostanza di essa - la idea vichiana di una lilologia filosofica o filosofia filologica e si appresta a criticare gli schemi della teoria dei corsi e ricorsi storici: critica che culmina nella teorizzazione della impos-- sibilità di una filosofia della storia che abbracci l'universale nella sua universalità astratta e, quindi. nella affermazione della volontà di cogliere alcuni nodi centrali del corso storico, di quel dramma unitario che è la storia europea da Omero a noi. E' chiaro, a questo punto, che la fondazione ideologica della critica aucrbachiana è assai diversa dalla melodologia spitzeriana. La critica spitzeriana si fonda infatti su ben altri presupposli. L'opera d'arte è per L. Spitzer il punto di partenza e quello di arrivo dell'opera del critico che deve tendere appunto alla comprensione di essa nella sua individualità ( la mens philippina di cui parla lo stesso Spitzer a proposito di Ch. L. Philippc): inclividuum non e.st inelfabile come, con grande compiacimenlo del Croce che vedeva crescere le sue piantine, scriveva Spitzcr. Il famoso Zirkel im Verslehen (« Circolo filologico») che attraverso Dilthey, Spitzer ereditava dal teologo romantico Schleiermacher, era un circolo operante all"interno del rapporto critico-opera Jet• tcraria, ancoro e sempre monade senza porle né finestre: il /rom• and-to,-movement era pur sempre un moto enlro luogo e non un molo da e a luogo. La soggettività del rapporto fra il testo e il critico, se pur impediva che l'Erlebni$ o approaclt spitzeriano si confondesse con quello di Dilthey o di George, non salvava dall'arbitrio il procedimento dello Spilzer che anche quando allargava la sua prospettiva dalla mens philippina alla mens franco-gallica del secolo decimonono si manteneva pur sempre sul piano psi• cologico o, se si \"\loie. della bergsoninna durée. lontanissimo dalla dialettica oggettiva del corso storico che continuava ad essere con• sidcratn l'heure de la montre. Ecco perché è possibile pensare che Spitzer avrebbe volentieri sottoscritto le parole di Dàmaso Alonso: <t La Estelisticn es la Unica posible Ciencia de la Literatura », anche se la sua signorile misura non gli fece mai scrivere così recise dichiarazioni di principio. Se questa dunque è la critica stilistica, Auerbach solo difficilmente potrà dirsi un critico stilistico. Certo egli, in /,Jime.si.J, e altrove, procede prendendo lo spunto da un passo ben determinato fl da una minuta analisi testuale di esso: lo stesso metodo w:ato - 85

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