dei criteri di verità che fondono i contenuti del materialismo. Questo tentativo, la possibilità di rimellere positivamente in questione il problerna del materialismo, è un C.110 della massima importanza, visto che rappresenta il punto d'arrivo di un filosofo proveniente dalla ricca esperienza dell'Essere e il Nulla (la fenomenologia di Husserl, l'analitica esistenziale, il neo•rcalismo americano, la Gestaltpsycologie). Non è, tullavia, in ogni caso, sul significato di questi apporti che può essere posta la questione. Il problema di fondo per il materialismo si chiarisce, invece, come quello cli conquistare una più ampia autonomia da quelle prospettive del marxismo, con cui si accompagna, ma anche dipende. E se il punto d'incontro più autentico è rappresentato dal Capitale di Marx, non tutto il materialismo che se ne è estratto ( meno comunque, di quanto ve ne è contenuto) è bastato a rispondere a quelle domande che a partire da esso man mano si sono poste; domande che non sono state estranee alla riflessione filosofica di questo secolo, la quale però, anche per proprio conto ( Husserl nelle Ricerc/1e Logie/re), è stata incapace, arrivata alle soglie, di rispondere in senso materialista. Non è certo la paura di questo « distacco » che deve trattenerci, poiché esso ha senso solo come un approfondirsi dell'orizzonte storico, reale, del marxismo. Non si tratta, poi, come vorremmo chiarire brevemente, su delle « totalità » come la coscienza. il mondo, l'oggettività, o la materia, che va riproposta la presa di posizione materialista, su termini, cioè, la cui esplicitazione non può più essere univoca. Attraverso l'ipotesi materialista bisogna, invece, percorrere quel processo attivo della conoscenza contenuto nella scienza, in maniera da rendere possibile, nello stesso tempo, la sua comprensione a livello teoretico: sì tratta, cioè, di ripetere il « miracolo» dell'astratto-concreto del Capitale di Marx. Una conoscenza, infine, che ci assicuri la realtà del mondo, senza toglierci la possibilità d'intervenirvi, è uno conoscenza dialettica, la cui estensione va oltre il campo dorico e sociale a cui l'ha applicata Marx ( e questa sua applicazione ci offre anche la possibilità di determinarla come cono$cen:a, per cui si può beo dire che IL Capitale è una grande opera filosofica), $Olo ,e essa si determina positivamente nel contenuto della propria materialità. Il suo campo d'applicazione è potenzialmente così esteso, da potere pienamente sostituire quello che è stato il compito del Razionalismo e dell'Idealismo. Ogni volta, invece, che il materialismo marxista ha tentato di uscire dall'àmbito delle analisi di Marx, ha interpretato in maniera distorta i «limiti• della propria conoscenza. Così, da Eng~ls fino a Naville, conservando l'universalità della formula, ha però abbandonato il processo di deontologizzazione della conoscenza operato da Marx, sostituendolo con il propria pensiero della realtà. l\la seguiamo la discussione di Sartre. « Quando Marx scrive: ~la concezione materialista del mondo significa semplicemente la sua concezione della natura così com'è, senza alcuna aggiunta estranea', si rende $guardo oggettivo, pretende di contemplare la natura così com 'è in assoluto ( ... ) in compenso, quando Lenin parla dello nostra coscienza, scrive: 'Non è che il ri(lesso del1,csscre. nel migliore· dei casi un rìHesso approssimativamente esat• to', e si toglie per ciò stesso il diritlo di scrivere ciò che scrive. lr. entrambi i casi si vuole sopprimere la soggettività: nel primo ponendosene al di là, al di qua nel secondo ». ( Nota a p. 37 e 38 delle Questioni di metodo). Così se il « riflesso approssimati\'8mente esatto• resta alla base della Erkenntnistheorie materialista, a segnare cioè la distanza tra l'essere e il pensiero, si rischia di utilizzare un apriorismo psicologistico che non potrebbe rendere conto di una « totalità » come la coscienza. « Si gioca su due tavoli: esiste nel marxismo una coscienza costitutrice che afferma a priori la razionalità del mondo. ( e che quindi cade nell'idealismo); tale coscienza costitutrice determina la coscienza costituita degli uomini particolari come riOesso (il che dà luogo ad un idealismo scettico) ( ... ) E non si cerchi cli collegarle attraverso una "teoria dialettica ciel riflesso', poiché entrambi i concetti sono per essenza antidialettici » (ibidem). Per Sartre, come d'altra parte per Marx, la dialettica non è che un risultato, e non può, Ìn\•ece, essere giustapposta ai fenomeni come legge universale. Così continua nell'importante nota: u ~1a ciò che si può e si deve costruire è una teoria che ,itui la conoscenza nel mondo ( come la teoria del riflesso tenta malamente di fare), e la determini nella sua negatività, che il dogmatismo stali• niano spinge all'assoluto e trasforma in negazione ( ... ) Solo allora si capirà che la conoscenza non è conoscenza delle idee, ma conoscenza pratica delle cose ». E cosi continua con terminologia hegeliana: « Allora si potrà render conto di quel pensiero che si perde e s'aliena nel corso dell'azione per ritrovarsi proprio all'azione e grazie ad essa ». E' chiaro che Sartre non approfondisce questa direzione di ricerca se non nelle linee già tracciate dal materialismo storico, mentre per quanto riguarda i presupposti teoretici in direzione della ricerca epistemologica e gnoseologica sembra rimandare in gran parte all'Euere e il Nulla. Ma per quanto si possa rileggere quest'opera sotto il profilo positivo dell'apporto fenomenologico, e ancor più del neo-realismo americano, reste, comunque, che su oltre linee di ricerca potrebbe svolgersi un futuro materialismo. Cosi la limitazione hegeliaoa del Venland a funzione di passaggio alla Vernunft (Sartre, rimasto carico della lettura del Kojève della Fenomenologia, la riprende in pieno) non assicura certamente una - 83
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