giovane critica - n. 4 - apr.-mag. 1964

Le tesi di Eiscnstein. basate sulla pretesa che Chaplin in T/te great diclator ( apparso in Italia sotto il titolo Il dillatore) abbia consapevolmente superato il candore del fanciullo perché « in questo film » per In prima volta « parla alto e chiaro. conseguente sino alla fine, il coraggio civile, non solo di un adulto ma di un Grande Uomo ( ... ). Il discorso che conclude Il diuatore è in un certo modo il simbolo dell'evoluzione da Chaplin-fanciullo a Chaplintribuno », sembrano al Baldelli tagliare via il consapevole e attivissimo intervento di Chaplin, il suo « strenuo sottoporre alla $Ua biogrofia le varie vicende del mondo »; il Baldelli continua aggiungendo che a parte il fatto che poi Eisenstein non esamina Jllo11,ier Verdoux, già ne /I dittatore il male viene presentato olla « ,•ecchia maniera, anarcoide e manichea, Hitler, quale stru• mento di una classe dominante, gli si configura nelle forme del male, un man.si rum abnorme e vacuo. grottesco e apocalittico: il tremendo poliziotto baluardo dell'ordine costituito, il demone ultrapotente che si accanisce contro la libertà e la solitudine del po• veruomo e <'he occupa tutto, in nome di una società essenzialmente disordinata, conformista, vuota ( ... ) »: non acquista Chaplio io altri termini una coscienza storica come Eisenstein ed altri ritengono di vedere. Tutto ciò non significa sminuire il regista, ma de{inirlÒ per quello che è, come dice il Baldelli: « qui si cerca unicamente di precisare la sede, nel tempo, della polemica chapliniaoa: contrari nei confronti, solo, di chi sceglie questo regista per farne l'epitome di ogni coincidenza o profezia contemporanea ». Nella terza parte si organizza il discorso tra formalisti e cootcnutisti che poggia sul titolo Accordi ,intomatici fra la critica conlenuti,tica e la critica formali,ia, e con uno stile che un Johan Castorp non rifiuterebbe di definire « plastico » il Baldelli scrive: « Il critico grossolanamente contenutista talora va di pari passo col critico che si tappa il naso ogni volta che vede l'arte alle prese con la politica. L'uno e l'altro svolgono un lavoro che resta estraneo alla concretezza delle singole opere d'arte. Il secondo con una critica tutta segni marginali che può approvare o biasimare fotogramma per fotogramma il film, ma solo attraverso l'addizione di questi segni ottiene un giudizio generale; il primo con una critica che viene presa dalla paura del testo e si limita a discorsi che non riescono mai ad entrare nel merito, che girano attorno all'opera ». Il Baldelli continua polemizzando con il critico contenutista, con il marxista dogmatico, e annota che se è giusto condannare il punto di vista di chi « sospende l'arte nel vuoto », non si può neanche sostenere chi vuole obbligare il te•to poetico nel recioto di una schematica, insuHici"ente, prospettiva storica, perché l'opera d'arte è qualco•a in più, • oltre che la rappresentazione ideologica delle forze di classe della società », una critica che si concede <1ucslo punto di vista fa della ricostruzione storica un procedimento (< deterministico ». perché da una espressione poetica salta immcdiatamenle alla corrispondente matrice storica determinata che monoliticamcntc esautora ulteriori interpretazioni ed esaurisce moncl!ndolo un discorso che in,•csta orizzonti meno angusti. La densità della materia trallata nel libro ci ha pcm1esso e ei ha costrello ad una superficiale segnalazione degli argomenti, acl un sussurrare questo o quel passo che ci sembrava paradigma• tico della metodologia del critico: mi soffcnnerò brevemente sul capitolo /_.,,ara::ionalità dell'arte nell'esperien::a dell'opera cinematografica, seguito da un suggestivo e stimolante esempio di procedere razionale della composizione artistica, il film di Luchino Visconti /Jdlissima; la polemica che qui è condotta nei con[ronti di Croce si fa tanto pili ,•ivacc quando a dispetto di una concezione che ,ruolc la poesia composi:.ione mistica. si scoprono i laboratori 'scientifici' degli artisti, di E. A. Poe. di G. Leopardi ed altri fra cui non manca S. M. Eisenstein con le esperienze del Potiomkin e di Lampi sul illessico; infatti la mancanza di sceneggiatura non significa che il regista non abbia il proprio laboratorio: il classico esempio dei (C leoni minaccio,i ,l che « furono trovati sul posto »: le celebri nebbie: la scalinata di Odessa e poi il grosso quaderno di appunti dove sono annotati ( anche per i mistici dell'arte) i risultati di uno studio accanito e minuzioso. m. ca. RocER TAILLEUR • P. L. THIRARO. Antonioni, Editions Uoiversitaires, 1963, pp. 190 • Il volumello fa parte d.i una agile collana che vanta al suo attivo analoghe monografie su Ford, De Sica. Eisenstein, Charlot e altri. Di agevolissima lettura, si raccomanda come esempio di una critica francese non 'fanatica' - nel consenso o nel dissenso - ma precisa nei suoi approcci e nei suoi riferimenti ( dai quali risulta una eccellente conoscenza degli uo~ mini e delle cose della cultura italiana). Anche se, qua e là. il lcllore di gusto italiano ha la sensazione che la fantasia abbia preso la mano al critico - ai critici - e li abbia condotti su lidi improbabili: come quando si avanza l'ipotesi che Aotoniooi profetizzi, coi suoi film, l'avvento di un matriarcato più generale, di una definitiva prevalenza delle donne sugli uomini. AUTORIV ARI, Problemi della cril1ca cinematografica, Quaderni di cinema n. 3, a cura del Circolo di Cultura Mondo Nuovo, Cosenza, 1964, s. p. • Riunisce i testi del dibattito svoltosi alcuni mesi fa su - 81

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