condizionamento operato dalle strutture esistenti sulla e libera creazione artistica> ma soprattutto per porvi rimedio, e presto e bene,, e per intervenire sulle strutture stesse, nell'àmbito di una politica unitaria di sinistra, oggi indispensabile. Enti di Stato, Ente di Gestione, credito cinematografico, oneri fiscali, cineattualità, film per la gioventù, documentari, ristorni e tasse, MEC, Unitalia, piccolo esercizio, censura amministrativa e via dicendo, sono i problemi sui quali è necessario dibattersi, incontrarsi, prontamente agire, come ottimamente fanno i collaboratori di Rinascita e di Mondo Nuovo (nonché alcuni socialisti autonomisti, ormai però ridotti a una implicita fronda); come hanno fatto e continueranno a fare le riviste specializzate, da Cinema Nuovo a Cinema 60. Ma, in connessione a questi, altri problemi si affacciano - con carattere di non minor urgenza e di più sottile incidenza - nella complessa sfera dei rapporti morali, sociologici, di costume e intellettuali. e Il cinema - concludono Chiaretti, Ferrara e Ferrero - può riconquistare, insomma, la sua libertà, il suo posto, le sue possibilità di sviluppo, ove venga riconosciuta la sua Insostituibile funzione, che è innanzitutto, e senza alcun dubbio, una funzione culturale,. E' da questa considerazione, logicamente condividibile senza la minima riserva, che muov~ però tutta una serie di complessi e delicati problemi, i quali non trovano quasi mai riscontro nel cinema italiano d'oggi o lo trovano lo termini che non sarebbe segno di ottimismo, bensl di follia o di assoluta indifferenza, definire positivi. Assistiamo, Infatti, a una precisa e disfunzione del cinema,, che non è soltanto di tipica natura glandolare, recante come tale all'elefantiasi e all'immobilismo, ma è anche ln primo luogo una lenta corruzione Ideologica e morale. Affrontati gli essenziali problemi della struttura economica, industriale e distributiva, e le questioni dell'Intervento statale a essi 6connesse, occorre quindi che la e funzione della critica, - l'elemento positivo in questa bipolarità che può provocare corti circuiti non prontamente sanabili - si rivolga a un'intensa e attiva opera di educazione tesa a influire sulle componenti di preferenza del pubblico e a vittoriosamente contrastare le direttive e le persuasioni, più o meno occulte, contrabbandate tramite gli uffici-stampa delle case di produzione e di distribuzione e i loro diretti responsab111 (equiparati, come sottolineava Ferrara nello scorso numero di Giovane Critica, agli autentici giornalisti e critici cinematografici, non si sa bene a quale titolo) in modo decisamente diseducante. Troppi nipotini nostrani del magnate Zukor (o di chi per esso) sostengono ancora che e il pubblico ha sempre ragione > e conformano la propria azione a tale presunta superiore esigenza. Altri sottovalutano - certo, In buona fede, ma senza rendersi conto che in tal modo concorrono al felice esito di un gioco patrocinato dal grande capitale e dagli ambienti più retrivi del Paese - l'Importanza del fatto pragmatistico dell'arte nel confronti del fatto estetico della stessa, con il risultato di lasciarsi attrarre dalle superfici, più o meno smaglianti e tentatrici, dei fenomeni presi in considerazione, di recare al proprio pubblico soltanto i frutti di umori dispersivi e di meditazioni mal rimasticate, e di dar adito a ulteriori confusioni programmatiche e pratiche. In altre parole, non si pretende di voler imporre al pubblico certe opere e certi autori sulla base di criteri pregiudiziali e presoclologlcl, che non tengano conto anche dei bisogni di semplice divertimento e di intelligente svago: bensl di voler commisurare questo a quello e di giungere a una paziente e lenta - non importa se ingrata - azione progressista di proposta, sia nell'àmbito dei e clnéma d'essai, o dei circoli culturali, sia nel settore più vasto delle proiezioni regolari, soprattutto non soltanto a livello delle prime visioni ma
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==