• EoGEN10 GARIN, Cronache di filosofia italiana (1900-1943), Bari, 1955, p. 310. $ GIOVANNI GENTILE, Filosofia dell'arte, Firenze, 1950, pp. 282-83. • Cfr. Bianco e Nero, Roma, II - n. 2-3, febb.-marzo 1938. ' Lo1G1 Rosso, De vera religione, Torino, 1949, p. 7. 70 - gogia che non all'istanza crociana della « religione della libertà>. « L'idealismo attuale>, ricorda Garin, « col suo tono religioso, col richiamo magari un po' retorico ai grandi problemi, ma certo con una sua salda fede nella vita, ebbe una capacità fascinatrice innegabile» •- Sulla falsariga di Gentile il Chiarini è indotto a scivolare verso la difesa di un'arte nazionale, verso la nazionalità come « forma storica dell'universalità del soggetto» $' senza per questo inchinarsi alle finzioni tortuose dell'irrazionalismo politico e a una bassa demagogia antilibertaria; la lezione' attualista' è da lui assorbita e assimilata quasi unicamente sul piano speculativo, teorico, per cui la filosofia viene identificata in ultima analisi con l'autocoscienza e il problema dell'arte non può perciò essere posto e risolto che nella filosofia: laddove non v'è pensiero - sostiene Chiarini - non può aversi espressione artistica, perché « il sentimento non può artisticamente esprimersi se non attraverso il pensiero » e, a meno di non volerne scambiare la definizione con quella che ne dà l'empirico psicologismo, non può intendersi se non nel suo rigoroso significato gnoseologico, e cioè come « la base fondamentale che è all'inizio della vita stessa quale soggettività pura, senza la quale non potrebbe esservi neppure l'oggettività" •. Va da sè che l'urgenza di individuare l'atteggiamento critico attraverso cui si estrinseca il processo creativo, cosi come la difesa dell'istanza attualistica e della nazionalità dell'arte in questo determinato periodo della storia d'Italia, racchiudono in sé il pericolo di identificare questa urgenza e difesa con le storture e la pratica aberrante e assolutistica del regime fascista, e di abbandonarsi infine nel giudizio politico, « per troppa semplicità di vedute>, come dice il Russo di Gentile, « a un vago fideismo di tipo risorgimentale>'- Comunque il Chiarini, anche nei momenti di maggiore confusione politica, sa conservare la chiarezza di visione necessaria per fermarsi a tempo e operare quel controllo ' trascendentale ' della propria posizione teoretica che rimane la sua miglior virtù; se la funzione politica del cinema viene giudicata «importantissima>, essa lo è in quanto e nella misura in cui venga inserita e risolta e nel quadro e sul piano dell'arte>. Il problema del cinema politico - scrive nei Ctnque capitoli sul ftlm - va inteso e nel suo largo significato etico, come espressione cioè della civiltà di un dato popolo in un determinato momento storico>, e si riallaccia quindi - proprio come in Gentile - all'esigenza della «moralità> in sede estetica: « la morale è la personalità stessa dell'uomo e, dunque, dell'artista, il complesso di ideali per cui egli vive, lotta, ed agisce nella società, quella molla potente che lo spinge a servirsi della forma artistica per dar vita I
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