• Cfr. LUIGI CHIARINI, Cinque capitoli sul film, Roma, 1941, p. 34 sgg.; Il film nel problemi dell'arte, Roma, 1949, p. 97 sgg. esposti nel suo primo saggio. Le soluzioni ritmiche del cinematografo divergono solo apparentemente dalle soluzioni ritmiche delle arti della visione in senso stretto; l'opposizione a prima vista perentoria (in realtà, secondo l'autore, inconsistente) che separa l'uno dalle altre deriva soltanto dalla formulazione equivoca e imperfetta del concetto di tempo, che viene inteso in una accezione troppo ristretta, empirica: come durata cronometrica, e quindi come estrinsecazione apparente, commisurabile, di una successione di elementi presentati nel corso di una determinata costruzione. e Bisogna osservare>, scrive Ragghianti, e che una pittura o una scultura non esistono, per lo spettatore, per colui che contempla criticamente (cioè ricostruisce quel processo, quel travaglio di realizzazione formale - che gli appare nella sua compatta e coagulata conclusione - in tutti i suoi elementi) fulmineamente. Con un'occhiata, per quanto magica, non si esaurisce un'opera d'arte in tutta la complessità dei suoi rapporti, nella sua storia insomma, che bisogna ritrovare e rideterminare al modo stesso che avvenne per l'artista. Dunque l'opera d'arte dev'essere motivata, ripercorsa, ' svolta ' dallo spettatore. Dunque il tempo, come elemento attivo, come 'tempo ideale', è presente anche in una pittura, o in una scultura: la sua materializzazione (che poi si può anche computare, calcolare in elementi di durata, ore, minuti, libri, pagine, parole) c'è pure, benché non conti affatto criticamente o artisticamente, e non possa assurgere, in nessun senso, a problema effettivo, se non eventualmente per un cronologo, statistico maniaco>. Non aderisce dichiaratamente alle formulazioni estetiche sul film avanzate dal Ragghiantl la teorica di Luigi Chiarini. Per certi versi particolari essa si discosta anzi senz'altro dal concetto di ' visività ' nell'accezione sopra esaminata, e si riallaccia a una matrice culturale differente, che porta l'autore a sostenere la concezione del film come e dramma visivo> in un senso del tutto limitato': si riallaccia, intendiamo dire, a Gentile invece che a Croce. Di una breve prefazione di Gentile fruisce già il primo volumetto del Chiarini, Cinematografo ( 1935); ed è proprio il contatto con la filosofia gentiliana e con le Idee dibattute dalle riviste di cultura del periodo fascista cui Chiarini collabora, tutte di indirizzo più o meno 'attualistico', a gluocare un ruolo importante nella formazione del giovane studioso; Il quale, come altri non pochi tra i giovani migliori, e tra quegli stessi che e avevano resistito al futurismo, al dannunzianesimo e alle altre forme di irrazionalismo e attivismo>, guarda con maggior simpatia alle seduzioni del vitalismo spiritualistico e alla sua calda e appassionata peda- - 69
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