fra 1944e 1948ai danni di una cultura rivoluzionaria non ccnformista che, incerta e confusa, pur si veruva formando; e quando si chiarirà fino a qual punto la debolezza intellettuale degli usciti dal fascismo, cioè di noi stessi, abbia cospirato obiettivamente con talune debolezze morali e con la politica culturale stalinista, polemizzando contro quest'ultima da destra e cioè da posizioni radical-liberali invece che da posizioni marxiste, allora sarà possibile farsi un'idea meno mitica di certi tentativi, come quello del neorealismo cinematografico, del Politecnico, ecc. Ma già !in d'ora si può affermare che l'orizzonte del dopoguerra - dapprima spontaneamente e poi artificialmente - !u come bloccato dall'immediato passato, cioè del fascismo e dall'estensione accecante di rovine e massacri. Un modo di autodifesa, oltre ad un calcolo politico, spinse la sinistra intellettuale (autori ed editori, giornalisti, ideologi) a cercare mediato antecedente nello ieri : cioè la tradizione antifascista. Il limite (ad esempio, per il Politecnico) era proprio il Fronte Popolare francese, la guerra di Spagna, il New Deal. Al di là si estendeva un ventennio impreciso, quello che dal 1937risaliva al 1917.Non è un caso che dalla caduta del fascismo ci siano voluti vent'anni perché venisse pubblicata in Italia una storia della guerra di Spagna. E, per limitare questa nota alla po. slzione degli scrittori: forse che tutta la discussione sull'impegno e il disimpegno non avvenne, in sostanza, fra una sinistra generica antifascista patrocinata dal PCI (tanto che ancora fra il 1950 e 1955un Lukàcs poteva far figura dl estremista dommatico, di chi vuole la letteratura in catene ecc.) e la tradizione idealistica e cattolica? Non tocca a me ricordare quanti si trovassero allora d'accordo, nel presentare una complessa, varia, aperta, critica formula ' di sinistra • buona a mille usi, nella quale però si parlasse parum de Deo nihil de Principe, ossia poco del principi e punto di Stalin. 58 - i conflitti, il patto nazionale non era ancora, nella sostanza, spezzato; o poteva esserlo solo là dove la borghesia era molto debole e forti invece i residui preborghesi: in Russia, nei paesi di nazionalità oppressa, solo in parte da noi. In pratica, gli intellettuali e gli scrittori che erano o si sentivano in conflitto con la società in quel venticinquennio non si posero nemmeno il problema della 'separazione', cioè del 'partito': fuor che nell'Europa Orientale•- La vicenda delle lettere e della cultura italiana sulle riviste di allora è abbastanza eloquente. Per quanto fu poi delle avanguardie 'storiche', soprattutto nel primo decennio del secolo: fossero di una' destra ' estetizzante e aristocratica o di una ' sinistra' anarchica e distruttrice, ebbero in comune il rifiuto dei termini culturali del discorso socialista, proprio perché si configurava come tradizione umanitaria, razionalistica, ottimistica, esortatoria. La 'rottura' con la tradizione - realistica prima e veristica poi - della borghesia europea, cioè il ' decadentismo ' nella sua forma avanguardistica è l'anticipo mistificato e ideologico di una 'rottura' rivoluzionaria che non avveniva ma è anche l'espressione autentica di una realtà spezzata che la socialdemocrazia vedeva invece come ininterrottamente mutevole. Non è un caso che le avanguardie 'storiche' parigine (ma anche, in altra misura, quelle monacensi o viennesi a taluni ambienti di quelle di Pietroburgo e Mosca) vivessero secondo modi ed esempi desunti dal sottomondo anarchico, ai margini della società, come si dice. I Gide, i Musi! e i Blok, avanguardie aristocratiche, non sono davvero lontani dagli Apollinalre, dai Picasso e dal MaJakovskij, che vivono tra voyous e apaches, nel colorato mondo anar. E' insomma inimmag!nablle, nell'Occidente europeo del ventennio che precede la prima guerra mondiale, un rapporto fra scrittori e movimento operalo analogo a quello che ovunque nel mondo e sull'esempio sovietico si darà invece nel ventennio che va dalla rivoluzione d'Ottobre alla seconda guerra mondiale. 3. Il problema di una 'patria spirituale'•, non solo quindi di una separazione reale dalla comunità nazionale borghese, ma del raggiungimento di una integrazione nel proletariato dunque e, per esso nella sua 'avanguardia', li Partito, si pone, agli scrittori occidentali, anzi ad un esiguo numero di essi •, solo dopo l'esperienza
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