pare, contrariamente a quanto ne dice Morin, sensibile e tutt'altro che e incerto>; quest'ultima è sempre frutto di un impulso attivo del creatore che interroga e forza espressivamente i fatti: in questo caso la successione di foto, il loro significato; anche se, in Octobre à Paris, l'esito poetico ha la sua origine nella materia lancinante della cronaca affrontata di prima mano; come appunto auspicano gli assertori del cinéma-vérité (stupenda, in questo senso, la sequenza che precede la manifestazione - quegli uomini che escono dalle bidonvilles sudicie e sbrindellate -; in cui la funzione principale viene assolta dalla banda sonora - una scarica di batteria - che crea una eccezionale tensione: come di una crosta che si spezza, un germinare di uomini che rivendicano il loro diritto di umana cittadinanza). E siamo d'accordo. Dove non siamo d'accordo è quando si dice, e ci riferiamo ancora a Morin, che la alternativa cui il cinéma-vérité è chiamato sta nell'optare e o per la materia grezza e a diventare cosi un cinema-documento; oppure per il montaggio, e a trasformarsi in un cinema-saggio>; laddove, e lo stesso Morin lo riconosce, le e interferenze> fra i due atteggiamenti sono continue, e auspicabili. Viene in mente un lucidissimo corollario di Pudovkin: e Nel caso che si vogliano riprendere dei dimostranti che passano per una via, il risultato non sarà una fotografia dell'avvenimento, ma una particolare figurazione dell'avvenimento stesso: tra gli avvenimenti reali e la loro riproduzione sullo schermo esiste una grande e significante differenza: e in questa differenza sta tutto ciò che fa del film un'opera d'arte>. E con questo non si vuole certo degradare quanto, pur non costituendo opera d'arte, è documentazione tempestiva e delucidazione razionale; specie in questi tempi di grossolane mistificazioni. Piuttosto mi pare si possa dissentire da quanto scriveva tempo fa (su Partisans), a proposito del cinema hors-la-loi, l'amico Thirard e cioè che i due poli 4del cinema futuro potrebbero essere rappresentati da Spartacus e da J'ai huit ans, e le géant et le pygmée, la liberté posslble et la liberté arrachée >, la verità ' spettacolare ' buona per il palato del più e la verità 'artigianale' riservata, almeno oggi, a pochi; qui tertium datur, necessariamente, ed è nostro compito favorirlo con tutti i mezzi, di esercizio critico, di modificazioni organizzative e strutturali. Anche se, permanendo l'attuale stagnante situazione del cinema italiano, la strada di J'ai huit ans sarebbe da battere con sempre maggiore frequenza e modestia. g. m. Funzione della critica e disfunzione del Clnema Un'ampia ed esauriente inchiesta condotta da Mino Argentieri per Rinascita', e un singolare « manifesto » a tre (Tommaso Chiaretti, Giuseppe Ferrara e Adelio Ferrero), apparso su Mondo Nuovo 2 , ci consentono non soltanto di constatare le posizioni, più o meno ufficiali, del due partiti della sinistra d'opposizione nei confronti della legge per il cinema e dell'attuale grave crisi industriale, bensl anche di introdurre un circostanziato e documentato bilancio sul film italiano odierno, dalla creazione alla fruizione, ovvero - in termini meno sociologici ma più realistici - dalla fabbricazione al consumo. Di là da ogni valutazione politica, un primo dato è inoppugnabile. Mentre il PSI, sia sull'Avanti!, pur guidato dalla mano sapiente e dignitosa di Lombardi, sia sulla propria rivista specializzata, Filmseleztone, diretta dall'on. Luciano Paolicchi, ben noto per quelle sue trite polemiche nel settore dello spettacolo che preludevano alla marcia sul centro-sinistra, e da Ma-
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