giovane critica - n. 4 - apr.-mag. 1964

52 - auspicava il noslro scriltorc: il paese uon ne uscirà salvo. Ho respinlo il sarcasmo, l"ironia, ]a beffo, il disprezzo. Tuttavia non sarebbe esatto chiamare rassegnazione questo coraggio disperato che mi tiene su, contro questo tragico clesti_no; per due ragioni: 1a prima, l'inevitabilità dell'evento: tanto fai che si avvera, oggi o domani; la seconda, l'importanza della sorte comune, uguale per tu lii( ... )». L'EX MINISTRO GAHCÉS - « Sebbene i credenti continuassero ad ascoltare la messa, a I.re• qucntare le cerimonie del culto; sebbene il clero avesse abbastanza libertà per attaccare i pubblici poteri (la monarchia non lo avrebbe consentito), molti, le donne specialmente, davano maggior credito agli incubi del loro fanatismo piuttosto che all'esperienza personale di ogni giorno. Così siamo. Percepire esattamente quello che capita intorno a noi, è una virtù personale rara. La mag• gior parte ne è sprovvista. Nel nostro clima allucinato, una tale virtù finisce col non esser più virtù e si converte a volle in un ostacolo o addirittura in un difetto contrario ad essa. La mia pro,•ata inetlitudine politica mi induce ad attenermi rigorosamente al dimostrabile. Un cartellone truculento è più impressionante di un ragionamento( ...) n. <e tessuna politica può fondar i sulla decisione di sterminare l'avversario. E' una follia, in ogni caso irrealizzabile. on parlo della sua ilJiccità, perché in questo stato di frenesia nessuno ammette una classificazione morale. l\'ligliaia di persone possono perire, ma non l'idea che le anima. l\1i si dirà che sterminando tutti quelli che la pensano in un certo modo, non essendoci più nessuno a sostenerla, l'idea deve necessariamente scomparire. Ma l'annientamento è impossibile, poiché nell'atto stesso di operarlo si propaga ciò che si pretendeva sradicare. La compassione per le vittime, il furore, la vendetta, favoriscono il contagio in nuove anime. Il sacrificio crudele su• scita un'emozione consensuale che può non essere puramente vendicativa e cli rivincita, ma elevata, nobile. La persecuzione produce vertigine, attrae come un abisso. Il pericolo è tentatore. Il terrore può molto, ma il suo punto debole risiede nel fatto che esso stesso genera la forza che lo annienta; e questa forza, oppressa, moltiplica il suo potere espansivo ( ...) Il maggiore errore che si può commettere nell'azione è di intraprenderla come se si avesse l'onnipotenza nelle mani e l'eternità davanti. Tutto è limitalo, temporale, a misura d'uomo. Nessuna cosa lo è tanto, quanto il potere. Questa convinzione opera io me come un freno invisibile, ne sento la presenza moderatrice in tutti i miei alti. Mirabile effe110 della mia antica attività intellelluale e morale. Nell'ordine dei rapporti umani, questa saggezza sostituisce la nozione cristiana della responsabilità, della resa dei eonli e dell'espiazione( ...) Calcolo, cioè ragione. Perché no? La ragione non è né fredda né calda. Questo riguarda le singole volontà. Ciò che lei chiama realtà può essere conosciuta, pensata ed organizzata in ordine al comportamento, mediante lo ragione. Lei parla di moderatismo, dando alla parola un significato basso, dispregiativo, quasi la moderazione fosse mero empirismo, che per timore taglia le ali della novità. Non è così, la moderazione, In saggezza, la prudenza di cui parlo, strettamente razionali, si fondano sulla conoscenza della realtà, vale a dire sull'esattezza. Sono convinto che l'intelligenza spagnola repugna all'esattezza: le mie osservazioni degli avvenimenti lo provano. Ci comportiamo come gente priva d.i ragione. di giudizio. Perché comportarci come lori feroci, buttarci ad occhi chiusi sull'inganno? Se il toro avesse l'uso della ragione, non ci sareh• bero corride ( ...) Il problema non è quello di accertare quale delle due fazioni spagnole ha il dirillo di governare il paese. Il problema è che si è fallo appello alla violenza, al terrore, per imporre agli avversari la ragione di cui ci si crede depositari e, se possibile, per sterminarli. E che anche gli aggrediti si sono serviti del terrore per difendersi. E' uno sproposito immorale e un errore politico separare i fini di una causa dai mezzi impiegati per il suo trionfo. Il terrore non serve

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