giovane critica - n. 4 - apr.-mag. 1964

• Cfr. ÙIARLES P. SNow, The two Cultures and the Scienti/i,; Revolution, Cambridge Uoiversity Press, New York e Londra. 38 - la totale inesperienza della vita, la paura nera della morte, la polemica con Dio; quel sentirsi bambini indifesi nel deserto, mentre intorno alitano i lupi; l'agorafobia. Invece, come si sa, la solitudine contemporanea, e parlo di testi di autori borghesi e decadenti, sta proprio nella situazione normale: dove non accade nulla perché tutto risulta accaduto e consumato, e l'evento eccezionale scompare, scontato o sdrammatizzato. E' il vuoto di ogni cosa, Dio non sostiene niente perché non è pii1 neanche un termine di riferimento polemico; domina l'inconsistenza, i mostri sono stati esorcizzati, come i « complessi » e la patologia: rimane solo il deserto dopo l'esperienza atomica e la massificazione. « Mi guardo attorno, scruto dentro di me, e mormoro: non è possibile, questo è inverosimile, non è vero, non può durare ( ...) E' come assistere alla disintegrazione di tutto un complesso di movimento e di figure. Scrivendo commedie, ho l'impressione di contribuire ad accelerare il processo di disintegrazione », osserva Jonesco. Prendete la polemica ideologica di Bergman contro la scienza e il macchinismo. Essa parte da una situazione, quella nordica, in cui il divorzio tra la cultura scientifica e la cultura umanistica è assai pronunciato, dacché, negli ultimi decenni, poeti, romanzieri, pensatori e cineasti, in un moto di ritorno a concezioni religiose tradizionali, si sono costituiti in un vero <' fronte dell'antisecolo » •. Ad un polo stanno, per usare un termine comprensivo e generico, gli uomini di lettere; all'altro vi sono gli scienziati, i più rappresentativi dei quali sono i fisici. « Fra i due si apre un abisso di incomprensione, a volte di ostilità, e sopratutto di reciproca ignoranza. Essi hanno, gli uni degli altri, un'immagine distorta, e i loro atteggiamenti sono così diversi che, perfino sul piano dei sentimenti, molto angusto è il terreno comune. I non-scienziati hanno la ferma convinzione che gli scienziati siano vacuamente ottimisti, e che non abbiano coscienza della condizione umana; gli scienziati, d'altro lato, pensano che i letterati hanno la vista corta, si disinteressano alle sorti della società, e che in senso profondo si possono dire antiintellettuali, in quanto tendono a ridurre l'arte e il pensiero al suo momento esistenziale ». Sappiamo anche noi, ( dicono, secondo Snow, gli scienziati ai loro antagonisti), che la << condizione umana », quella dell'individuo nella sua solitudine, è essenzialmente tragica; ma non vediamo motivo di dedurne, come voi fate, l'irrimediabilità della sua « condizione sociale ». Voi intellettuali di vecchio stampo ( prosegue la giusta accusa) siete dei « luddisti » in potenza ( così si chiamarono quegli artigiani inglesi che andavano distruggendo i primi telai meccanici), ma voi siete macchinoclasti soltanto a parole; l'industrializzazione, nel mondo di oggi, è l'unica speranza dei poveri; la vostra ripugnanza estetica per gli orrori che l'accompagnano, è un vacuo pretesto per esimervi dall'affrontare, come noi e con noi, gli ineluttabili problemi.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==