dugio sulla terribile realtà del morire. se si concludesse soltanto con lo smarrimento dell'uomo di fronte ali.ignoto, darebbe aUa fede in Dio il carattere dcUa scommessa pascaliana. Ma le poche pagine che Bergman ha voluto preporre alla raccolta di questi suoi scritti ci mostrano come egli tenda, ormai, ad uscire da] cerchio di una solitudine che viene scoperta (pur nella sua serietà) sterile e desolato. Questa dichiarazione, a.I di là della esitazioni e dei dubbi che talvolta turbano lo scrittore-regista svedese ed esprimono problemi che ogni uomo si trova davanti, postulo con chiareu..a l'esigenza di vivere in un mondo che abbia saputo ritrovare il senso dello commun1tas christiaoa "· 32 - I deduce: « di qui i motivi che ci impediscono, al tempo stesso, di ammirare e amare questo regista ». L'interpretazione laica spesso taglia in due parti la Hnea continua dei film di Bergman. Per cui sembra che fino ad un certo punto della sua carriera il regista accolga megHo una spiegazione materialistica che non quella reHgiosa. Da qui muovono i commenti redazionaH rle Il nuovo spettatore cinematografico. « Bergman ci sembra a buon diritto un tipico figlio cli questa nostra seconda metà di secolo: epoca come quella in cui vive Antonius Block, in cui i miti potenti e travolgenti che spingono l'uomo all'entusiasmo, alla lotta e infine alla guerra, hanno provvisoriamente perduto quasi tutto il loro fascino, han mostrato le loro crepe, le loro debolezze, il loro vero volto freddo e disumano. E all'uomo tocca ricercare la verità, una verità nuova, magari soltanto personale e parziale, sulla quale ricostruire una speranza, che si rafforzi poi in fede e si cristallizzi nuovamente in mito. Ed è questa una ricerca particolarmente triste e dura, ed estenuante: tanti falsi miti sono ancora ad ogni angolo di strada, tanta ipocrisia e falsità e malvagità si sono sprigionate dal fallimento, dall'esplodere degli ideali, degli idoli. Discernere il poco di vero che pur sopravvive è difficile, mentre la paura pare sommergere tutto in un'atmosfera degradante, isolare ognuno in una solitudine angosciosa e diffidente. La Peste nera o la bomba H non sono che i simboli dell'orrore che genera la violenza quando se ne è fatto indigestjone. Peste nera e bomba H sono il ribaltamento del concetto di guerra santa, di forza e violenza applicate magari con generose intenzioni per la soluzione dei problemi umani. Eppure l'uomo deve continuare a cercare la verità, deve trovare le ragioni della vita e del progresso, dello sviluppo di una civiltà sempre più alta; e ciò pur con l'animo smarrito e inorridito dagli spettacoli che lo circondano. In questo stadio di ricerca non si può escludere neanche la religione ( sia pure una forza tormentatissima di religiosità) né la metafisica, né, tanto meno, il più buio e disperato esistenzialismo, o una forma di religione elementare e naturale. Bergman non ha ancora trovato la soluzione: né forse oggi è possibile trovarla, definitiva. Non han la soluzione e la sicurezza quelli che rimangono testardamente attaccati ai vecchi miti, alle fedi ( ormai vacillanti) di cui sentono l'insufficienza e che cercano di aggiornare, di rinnovare; né han la soluzione coloro che han tutto negato, che han dubitato di tutto e sono sicuri solo del Nulla e della condanna che a questo nulJa ci condiziona; mentre l'insoddisfazione di quanti han cercato nel piccolo benessere materiale, nell'egoismo individuale una via d'uscita ci avverte che indifferenza ed egoismo possono essere letali come e più della Peste nera e delJa bomba H perché corrompono gli animi. E' a questo punto che va ricercata la solidarietà umana, la comprensione reciproca, la necessità di credere, con altri, in qualcosa, in un avvenire, in
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