1 Per una ,.....,gna di ·queste farneticazioni, cb. G. 0LDRJNI, in Cinema nuovo, n. 144, 1960. vengono considerati astrattamente ed esaltati in quanto tali ( ossia, grammatica e trame narrative). E' la posizione dei critici raccolti intorno ai Cahiers du cinéma e di larga parte della pubblicistica cinematografica francese. Per esempio, dopo una proiezione privata, J. Béranger disse rivolgendosi a Bergman: « Ogni volta voi annientate ogni resistenza. Inoculate, in ciascuno di noi, una droga, di cui non potremo mai più fare a meno. Da quando ho preso l'abitudine di vedere i vostri film, i tre quarti delle altre realizzazioni mi paiono vuote e inutili. Esse mi danno voglia di andarmene a passeggiare, in capo a dieci minuti di proiezione. Con voi, invece, mi sento letteralmente inchiodato sulla mia poltrona »: dove la droga sta non solo nel modo di reagire ai film di Bergman, ma anche nel fatto di aver aspettato questi film per capire che i tre quarti della produzione cinematografica annoiano e fanno venir voglia di andare a fare due passi 1 • Su questa linea apologetica ( o denigratoria) si trovano anche coloro che si limitano ad una parafrasi degli argomenti e dei dialoghi di Bergman, schiacciando dialoghi ed argomenti sotto un cumulo di citazioni erudite, di parallelismi e raf. fronti sgangherati, senza mai giungere ad un giudizio, con accostamenti a Proust, Joyce, Kafka: senza. verificare se le idee hanno o no una consistenza nelJa rap• presentazione cinematografica, se sono semplicemente giustapposte e asserite invece che praticate. Siffatte posizioni si arrestano sulla soglia dei film di Bergman ( e quindi qui non vi si spendono altre parole). A proposito dei quali, individuerei tre interpre• tazioni fondamentali della critica: 1 . L'interpretazione esistenzialreligiosa che pone al centTo dell'opera di Berg• man la scoperta dei limiti esistenziali dell'individuo, la ricerca angosciosa di Dio, l'ansia di un valore trascendente, sacro, che inquadri la sconfitta dell'esistenza; il conflitto tra ragione e fede, fra cielo e terra; il superamento dell'alienazione in Dio. E via di questo passo: l'oscillazione e l'ambiguità del non-essere ( razionale) e dell'essere (mistico); il dubbio nel sacro; l'ossessione luterana del male, del peccato e del diavolo; la mancanza di fede: perdendo la fede in Dio viene meno l'unica cosa che sollevi l'uomo al di sopra della monotonia e della solitudine della sua esistenza terrena; testimonianza del « dissidio tipico della situazione spirituale del nostro tempo »: 'il dilemma fra la fede e l'esistenza terrena, fra trascendenza e immanenza; « il mondo di Bergman non crede più in Dio: è abbandonato al Male. Il mondo è l'inferno: l'inferno dell'esistenza quotidiana ». Intorno a queste conclusioni si accendono dispute tra interpreti « pessimisti » e interpreti « ottimisti ». Secondo i primi, il « pessimismo » di Bergman sarebbe senza via d'uscita, rappresentando il trionfo della « disperazione » sulla << rassegnazione i,. Per i secondi, il « semplice e puro amore "• la presenza di personaggi semplici ed ingenui - 29
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