- • [Nel/a moMgrafw ••sue un capi,. tolo, qui om..,o, dfflicato a Il regista nel lavoro con gli allori]. Senso pratico della funzione del cinema e autonomia creativa grande Cocteau che meglio di ogni altro ha saputo soggiogarmi. Ritengo che Il sangue d'un poeta sia un capolavoro indimenticabile. Il film Orfeo mi sembra ugualmente riuscitissimo. Ma il primo pregio di Cocteau sta nel fatto che egli conosce a fondo il teatro ». Spigolando tra le rare indicazioni di gusto fornite da Bergman, ne indico due, di cui la prima testimonia l'intelligenza moderna del regista. Riguarda l'opera del neorealismo italiano che Bergman apprezza particolarmente e che considera il capolavoro di De Sica: Umberto D. A proposito del quale osserva come pregio singolare la deteatralizzazione dello scenario: « In luogo di essere concentrato, secondo l'uso, in qualche momento forte - di una selezione perfettamente fittizia in rapporto alla vita corrente - l'azione si trova sparsa in una moltitudine di istanti fugaci, di cui la combinazione resta quasi interamente affidata all'intelligenza e all'attenzione dello spettatore ». La seconda indicazione fornisce invece la spia di certo egotismo « colto » che acceca so,·ente il giudizio di Bergman. Deve parlare di Dreyer ( che certi critici - sbagliando, d'accordo - apparentano a Bergman)? Ed ecco Bergman trinciare altezzosamente una serie di giudizi ingiuriosi, privi della minima argomentazione oggettiva: " Questo genere di con.fusione non può che provenire da certe analogie plastiche, formali, dovute alla nostra comune appartenenza nordica. Poiché, devo confessarlo, in generale non amo per niente lo stato di spirito di quel signore. Lo rispetto si capisce, per la sua sensibilità artistica e per la sua maestria tecnica. Ma sul piano strettamente umano, disapprovo la sua attitudine sadomasochista. Egli non concepisce mai un Dio all'uso degli uomini ma degli uomini all'uso di Dio. Egli si compiace, con un'orribile dilettazione, nella descrizione della sofferenza per la sofferenza. Ma mai tenta di rintracciare il minimo embrione di rimedio. Rifiuta, inoltre, ogni spirito di combattimento e si rifugia ipocritamente nella rassegnazione ». [*] La furia concentrata con cui Bergman inizia la sceneggiatura diviene sempre più impaziente durante le riprese, si fa addirittura smania nella fase finale quando si tratta di tagliare, di montare il materiale girato. Bergman lavora con una parsimonia addirittu.ra feroce: il suo film « nasce regolarmente al ritmo di tre minuti al giorno »; la pellicola scartata non supera mai i due terzi di quella consumata. Le spese sono ridotte al minimo. Chi non possiede un'automobile arriva sul set in bicicletta o in tram. Eppure nel montaggio il regista è di una lentezza che qualcuno ha definito << esasperante ». Proietta, torna a proiettare, prende appunti, s'arrabbia. L'uomo che sul set si muove come un mago, pronto a ricorrere a qualsiasi trucco, ad inventare sempre nuovi espedienti per « afferrare la curiosità - 25
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