giovane critica - n. 4 - apr.-mag. 1964

20 - pure percorsa continuamente da brividi di terrore atomico ed assediata da incubi tormentosi. In certe zone della borghesia si assiste a manifestazioni impressionanti di superstizione e di fanatismo, al diffondersi improvviso di terrori irrefrenabili della morte, del diavolo, dell'inferno, di cupi messaggi di dannazione eterna, alla pratica della magia. Predomina una visione del mondo che pone al vertice di ogni aspirazione il cosidetto successo, economico e di notorietà. Al quale ogni altra cosa va subordinata e sacrificata. Le gerarchie propendono per una visione arcaica del popolo, per la quale le masse sono sempre primitive, di nervi deboli, incapaci di senso critico. Le speranze della Resistenza e dell'immediato dopoguerra si sfaldano e sottentra - in certi agglomerati della popolazione - assillati dai mili del benessere e del consumo - una condizione più avida, smaniosa, in cui i termini concreti delle situazioni risultano sbaragliati da un indeterminato desiderio di vaporosi idealismi, da una vaga nostalgia di atteggiamenti fideistici, misticizzanti. « Risorge il sentimento edulcorato del mistero, la verbosa ipertrofia di un'etica destinata a campare sulle parole e sopra la dialettica della disperazione e della speranza, alimentata da vampate di irrazionalismo e di ambigua eccitazione per un miscuglio di miscredenza e miracoli. All'arte si chiede di riflettere questa « nuova » condizione dello spirito, questo smarrimento, le cui dimensioni si pretende coincidano con l'intera esperienza contemporanea. Nel quadro di tale tendenza, l'ambiente svedese preme sopra l'esperienza di Bergman con pesi e sollecitazioni particolari. La Svezia ha circa 8 milioni di abitanti, la popolazione della Lombardia, ma una superficie vasta quattro volte l'Italia. e ricchissima. La tradizione socialdemocratica di governo conserva i caposaldi della struttura capitalistica, ed incide con forti imposte dirette e larghissime assicurazioni sociaU. Nel benessere, prevale il gusto per le funzioni amministrative, per la diffusione dei consumi, per l'igiene sessuale, per l'educazione intesa come rispetto per la sfera altrui; l'indifferenza religiosa (le chiese sono spesso deserte); qualche preoccupazione per i problemi edilizi e dell'alloggio. Soggiornando in Svezia, capita di trovare conferma a certi luoghi comuni; si ha l'impressione che la gente non partecipi all'esercizio del potere, delegando invece il potere e le scelte a gruppi ristretti che, come si sa, nel contegno e nell'aspetto « democratico » non differiscono gran che dai sudditi. Si avverte una sorta di autarchia nella vita degli individui e dei gruppi, mancanza di passione e di interesse per il prossimo, per gli eventi del mondo, per il futuro ( che ha sul rovescio il rifugio nell'alcool, nella tetraggine, nel suicidio), una diffusa inettitudine ad accettare i termini di un dibattito culturale che irretisca la coscienza in qualche tema sgradevole e privo di illusioni. Nelle lande sperdute del nord e nelle campagne perdurano le angoscie del fondo luterano, che rimuginano la pochezza dell'uomo di fronte al peccato e la distanza

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