I terrori e le smame di salvezza del dopoguerra A questo punto, per uscire dalle sabbie mobili della ritrattistica psicologica, esercitata, di solito, dando peso esclusivo a nozioni private, occorre situare l'opern del regista nel quadro, meno vago, del periodo in cui agisce. La storia d'Europa, come si sa, non è più la storia del mondo. Noi intendevamo il resto del mondo come qualche cosa di pittoresco e meno ordinato, un luogo di climi anormali e dove si va a vedere usi strani e a prendere roba di cui si abbia bisogno. Ci sentivamo, noi europei occidentali, come dei possidenti. Su questo modo di sentire e di vivere fiorì il senso dell'arte europea. Tenuto a posto il mondo vario e caotico, tenute al lavoro le masse, fiorì un gusto idilliaco, armonico. Dai nostri palazzi comunali ai giardini architettonici un senso di misura, di limite armonico sta nell'intimo della civiltà europea. Del resto, guardate quello che avviene nel modo di concepire la natura. La natura la umanizziamo, la tiriamo dentro la storia. Nella più autentica tradizione europea il sentimento della natura non prende una forma tumultuosa e oltreumana: la giungla, il polo, il deserto ci sembrano meno armonici. Un altro aspetto della civiltà europea è il predominio deffindividualismo; c'è il senso che tutto s'incentra negli individui; che essere individui è la forma concreta del vivere. Il rovescio di questa mentalità, i lati negativi, sono un certo orgoglio di nobilastri, la boria della storia, il ripicca dei caratteri individuali, un inaridirsi di aristocratici, un tener lontane le masse, un senso asociale, l'incapacità di portare dentro la civiltà europea tradizionale le moltitudini del mondo. Di qui la crisi. Allargando l'esame della crisi, essa presenta queste coppie di elementi in contrasto: l'Europa e gli altri continenti; le classi dirigenti e le masse; il centro e la peri-· feria. Ma dal varco aperto, penetra nel dopoguerra l'impulso ossessivo a produrre, ad accumulare beni e sopratutto denaro, a creare artificialmente bisogni che prima non esistevano per poter consumare quel che l'apparato produttivo sforna a getto continuo. La situazione genera spinte opposte ed energie nuove, mentre su certe zone di antico equilibrio produce un logorio continuo e irreparabile di forme artistiche e culturali, di dottrine spirituali, un disfarsi di istituti politici ed economici che si accelera negli anni intorno al '50. C'è un che di malato e di decadente, in codesto disgregarsi del vecchio mondo, in questo tardare a sorgere del mondo nuovo, che portano con sé un disorientamento profondo, una sorta d'irrequietudine permanente, di disordine insanabile, che costituiscono come il sostrato spirituale di certi momenti di quest'epoca, infantile e decrepita al tempo stesso, ingenua e corrotta, fanatica e incredula, carnalmente assetata di godimenti e di potenza mondana ep- - 19
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