giovane critica - n. 3 - feb.-mar. 1964

prende meno l'accusa di trotzk.ismo, avanzata da persone non sospettabili di reviviscenze stuliniane, appunto in quanto messa sotto accusa e non discussione di un punto di vista - le analisi del « gronde rivoluzionario» sulla politica della III Internazionale, sulle burocrazia sovietica, ecc. -, cui esplicitamente si rifà Fortini nella sua acutissima prefazione, tutt'altro che peregrino e improbabile nei confronti degli avvenimenti saggiati ( « Chl in quei giorni visita la salma [di Trotzki] / Crede sia quello di un vinto. Oggi sappiamo / Che non è così»). Non stiamo qui a ribadire i pregi particolarissimi di questi commenti che, per quanto « scompagnati dolio veemenza delle immagini », in funzione e in relazione elle quali erano stati ideati, sono del tutto degni di essere affiancati olle poesie di Fortini e ai suoi scritti recentissimi sulla tragedia del movimento operaio europeo (Le mani di Radek su Questo e AltTo n. 4; L'ultima narrativa sovietica: la rivolu~ione socialista è fallita? su Quaderni piacentini n. 12), tragedie che, pienamente comprese e possedute de Fortini, non lo induce e mendare in pensione le speranze di una prossime eruzione rivoluzionarie, e a cessare la sua milizia in favore di quelle. Preferiamo sol• tolineare, in queste sede, alcune puntualizzazioni fatte de Fortini in ordine ai problemi, di impianto e di pedagogia culturale, da lui affrontati nell'approntare i suddetti commenti: « Il genere 'documentario' destinato all'attuale circuito commerciale ha tutte le caratteristiche ibride della saggistica e tutti i vizi della oratoria. E' dimostrativo-persuasivo ma si affida soprattutto ella successione emotive delle immagini, delle parola e del commento musicale, quindi al montaggio; per il carattere di documento del materiale di archivio o di repertorio non vuole (o non vorrebbe) si dimenticasse mai il suo carattere obiettivo e informativo, eppure quest'ultimo è appena uno sue compone.nte e nemmeno la maggiore (...). Ora, le nozioni globali che i film dei quali qui pubblico i testi volevano trasmettere erano tutt'altro che semplici. Per diventarlo, per essere recepite secondo le intenzioni degli autori, questi dovevano anzitutto aver chiare, come ho detto, la situazione propria e quella dei destinatari. Non si parla di 'storia' senza dare una definizione, almeno indiretta del proprio momento storico. Quindi il testo del film non doveva lasciare dùbbi sulla collocazione ideologico-politica: la sinistra socialista e marxista per la quale il nemico principale è l'ordinamento capitalistico della società e la storia è anzitutto storia della lotta delle classi. La insufficienza o genericità di questa collocazione mi erano ben chiare; qualificarlo o precisarla era compito del testo stesso. Essenziale era che il pubblico capisse e capisse subito e non cessasse un momento di sapere che quanto vedeva e udiva _veniva da una prec.isa parte politica, e magari da una parte della parte ». Gurno GEROSA, Alberto La1tuada, Cine,tudio n. 10, Monza, novembre 1963. - Il circolo del cinema di Monza ha pubblicato di recente il n. 10 dei suoi Quaderni che si distioguooo, nella pubblicistica cinematografica, come studi monografici. lo questo fascicolo, lo personalità io esame è Alberto Lauuada, une delle figure più discusse e discutibili del cinema italiano. La monografia è state curato da UDO studioso alleolo di questi problemi, Guido Gerosa, autore tra l'altro di UD meritevole Da Ciarabub a Salò. Il titolo del saggio, Alberto Lattuada, ha uo sot101i10l0 mollo significativo (o parer nostro come dell'A.): cultura e spellacolo; in cui si vuol significare un'intensa vita vissuto sul doppio binario di uoe onestà ertistiee, e di mestiere. Perché anche quando La11uada cede le armi elio « spellecolo », riesce sempre e conservare quella dignità morale che è alle base di qualsiasi artiste; e Le11uada è un artiste, malgrado La tempesta e La ,teppa. Il seggio di Gerosa - per niente agiografico o di esercitazione - coglie nei suoi aspetti multiformi il Le11uada, come uomo che vive sensibilmente e intensamente i tempi che vive, dagli anni del fascismo alla Liberazione, delle breve « stagione degli ardimenti » alla lunga crisi Ire il '48 e il '60. Proprio negli anni del fascismo si manifeste in Lattuada quel senso di insoddisfazione umane che lo seguirà sempre, pur differentemente. Le riviste Camminare e Corrente. la Cineteca, la famosa Triennale legato alla proiezione di La gra11de illusion, rimase.ro tappe molto importanti se si tiene conto che esse si menifcslarooo come opposizione all'interno del regime. E finalmente quando si gridava « libertà » in ogni angolo, Le11uada credelle di potere realizzare quelle idee che si venivano maturando in lui: ma Coya, illatteotti, Benito Cereno, non videro mai la luce. Forse in une di queste ci avrebbe dato il capolavoro, l'opero perfelle. ma tale perfezione egli noo raggiunse mai. Ripiegandosi su se stesso. accentuò le suo nature lirica, e la fantasia ne soffrì io forme malinconiche e monotone speranze. « Questo è l'autentico Lettuada: un artista della vena elegiaca, che sa risalire, de considerazioni d_ipe~imismo cristiono sulla natura degli uomini, ad una visione purificatrice ». Narrativa e saggistica CESARECASES, Saggi e note di letteratura tede,ca. Einaudi 1963, pp. 378, L. 3000. - Le fille pagine di questo libro inducono il recensore ad inseguire il critico nelle intimità dei carteggi epistolari e lesciars.i abbandonare maliziosamente nel mere magnum dello letteratura europee inebriato e stordito. Il Cases, noto critico marxiste e sostenitore tra i più interessanti del filosofo ungherese Gyorgy Luluics, e cui dedica alle fine del libro un finissimo omaggio, si - 63

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