2. - Una volta - rispondendo all'inchiesta promossa da Il Paradosso sulla « generazione degli anni perduti » - lei si dichiarò « profondamente siciliano », prof ondamente radicato cioè nella provincia. In che senso tale sua condizione si riflette e determina le sue scelte letterarie ( di tema, di linguaggio, ecc.)? Ha mai provato ad « emigrare » e, in caso affermativo, quale impressione ne ha ricevuto? 3. - Come pensa si possa reagire alle forze della conservazione il cui volto in provincia non muta? Per chi, nell'organizzazione della cultura, si prepone obiettivi nuovi e moderni, esistono energie sane da utilizzare e quali? Nei nostri tempi che si fanno sempre più « stretti » esiste in provincia un posto peculiare per l'intellettuale? Riesce cioè egli a svolgervi una funzione che nelle « metropoli » e nelle sedi dell' « industria della cultura » è ormai quasi impossibile? La mia scelta a vivere in provincia realizza in effetti quel proverbio che dice << meglio soli che male accompagnati ». Poiché tutto il mondo è provincia, preferisco vivere nella mia: ché almeno mi consente di star solo invece che male accompagnato. E questa mia scelta si è confermata in una breve esperienza di emigrazione: a Roma, come quasi tutti oggi; e sono tornato senza alcun rimpianto; come ad una riguadagnata libertà, anzi. Questo per quanto riguarda il mio rapporto con la società letteraria, culturale. C'è poi, nel mio stare in provincia, una più profonda ragione. Noi siciliani siamo condannati (la parola è di Gaetano Trombatore) a scrivere della icilia (ma per la verità, dentro questa condanna, io mi sento molto libero): e io ne ho avuto coscienza da sempre. Perché dunque sradicarsene, col rischio di farne memoria e nostalgia, favola e mito? Senza dire che, in senso più generale, è assolutamente ragionevole che lo scrittore risieda nei luoghi umani che meglio conosce, che dia testimonianza di una realtà di cui, per vincoli di sentimento di linguaggio di consuetudini, non gli sfugge nessun movimento nessuna piega nessuna sfumatura. Ritengo che un. processo di decentrazione della cultura, cioè degli organismi di produzione della cultura, sia l'unico rimedio. Ma ciò avverrà per un naturale rovesciamento del processo di accentramento che per ora, purtroppo, è in accelerazione. In accelerazione nonostante che cominci a rivelarsi, in un certo senso, anacronistico. Leonardo Sciascia - 55
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==