48 - schini a tal punto, noi Francesi >L Ma perché la scelta di una certa struttura di rac• conto, l'intenzione di rifrangere il dramma attraverso delle coscienze forse troppo particolarizzate allontanano lo spettatore dalla presa di coscienza anziché avvicinarvelo, lo impacciano anzicché inserirlo nell'azione, strappano talora la sua ammirazione ma favoriscono la sua evasione. In ogni caso Resnais, giunto al suo terzo lungometraggio, ha la sua opera dinnanzi a lui e non dietro. I caratteri talora contraddittori dei suoi tre primi film, la loro profonda unità problematica indicano che l'itinerario in corso, per miste• rioso ch'esso sia (fors'anche del resto per lo stesso Resnais) conduce da qualche parte. Chris Marker ha visto proiettare nel 1963 in Francia tre film: Cuba Sì. ritardato dalla censura, ]oli lVlai e La Jetée. Questa convergenza ci permette di sa• lutare uno dei cineasti più moderni, e più impegnati al tempo stesso, che noi abbiamo avuto: Marker ha in testa alcune idee chiarissime, alcune presupposte, sul destino dell'uomo. E questi dati ispirano le sue reazioni dinnanzi alle realtà che investiga e che mostra. Questo cinema sfrontatamente soggettivo arriva così - perché il « soggetlo >> che lo anima non è neutrale - a una visione dinamica della realtà contemporanea, visione che non lascia lo spellatore passivo, ma giunge a provocarlo nella sua poltrona, a strnpparlo dalla sua sonnolenza, a chiamarlo bru• talmente io causa. Ritrallo anche di una certa realtà spazio-temporale, della Fran• eia di certi mesi, come M uriel, J oli Mai non ne ha il tono disperato; la sua crudeltà, più diretta - quelle persone nella strada potrei essere io - mantiene sem• pre un tono d'avvertimento. Con La Jetée, Marker dà alla Francia il suo primo film serio di science-f iction utilizzando l'ingegnoso procedimento di immagini fisse (foto) filmate. Mentre Truffaut, che non ha girato alcun film importante dopo J ules et Jim, medita anche lui una storia di science-f iction, mentre Kast, con le Vacances portugaises ripete, in maniera attutita, i paradossi eccitanti de La morte saison des amours, l'anno che termina ha veduto confermarsi, nel peggio, il suo astro più fulgido, Jean-Luc Godard. Questo « autore maledetto» che i suoi sostenitori pre• tendono essere perseguitato è giunto al suo sesto film - una coproduzione a colori con Brigitte Bardot! - e si mantiene fedele alle ricette che lo hanno reso celebre. Alcuni spiriti di gusto, mi si assicura, ammirano Godard, sono sensibili a questo ammasso sgangherato d'anarchismo irriverente, di cultura mal digerita e vomitata in citazioni talora approssimative, a questo cinema la cui qualità suprema sarebbe la libertà di tono. Io penso, da parte mia, che Le Mépris non mi ha disgu• stato quanto Le petit soldat o Les carabiniers: no, Le Mépris, che è sulla linea del « film-a-colori-di-Godard » ricorda Une /emme est une /emme, i suoi discorsi
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