giovane critica - n. 3 - feb.-mar. 1964

pitale, ecc.; e l'insulsa scena del coltello). Anche altrove dove lo sforzo di individuazione artistica è stato maggiore, come nella figura, cosi originale nella cinematografia italiana, del professore socialista, il pericolo del convenzionale e del cliché permane e viene accentuato dalla recitazione di Mastroianni incline a toccare solo alcune corde del personaggio e a lasciarsene sfuggire la fibra acre. La commozione, e la forza poetica, appaiono solo qua e là, ad esempio nella figura del maestro (un ottimo François Perier) o in quella cosi netta di Omero, che rimarrà, alla fine del film, disteso sul fango: l'ennesima e: perdita secca> del movimento operaio. Ciò che si ricava è che Monicelli tiene il suo racconto entro i limiti angusti di una adesione che gronda affetto e partecipazione ma è inadatta ad articolare le asprezze che sempre stanno alla base del cammino della società umana; colle cui sorti, al momento assai incerte e difficilmente prevedibili, si identificano, oggi più che mai, quelle del nostro cinema, o almeno della sua parte più consapevole. Giampiero Mughioi ERRATA CORRIGE: Per un malaugurato refuso, nel precedente Taccuino, a pag. 39, si leggeva: « (. ..) la lotta cara a Kruscev, per superare la fase in cui due uomini debbono dividersi cinque pala di pantaloni ». Mentre, ovviamente, cinque sono gli uomini e due pala I pantaloni a disposizione; ché, purtroppo, questi sono - a detta dello stesso Kruscev: da un cui discorso abbiamo attinto la frase -, i problemi del momento In Unione Sovietica; e non que111derivanti da una sovrabbondanza di pantaloni, e di tutto Il resto. - 35

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