Un film di combattimen10 e le buffe A risollevare un po' questo scarno bilancio non sono mancati però epia1rocilà della lolla di classe sodi di più alto rango. Fra questi il più importante e significativo, per gli echi e le amplificazioni polemiche che ha suscitato, è quello relativo all'ultimo film di Francesco Rosi, Le mani sulla città, Leone d'oro a Venezia nell'autunno '63. Qui ci interessa occuparci ancor più che della valutazione del film, abbastanza scontata e unanime per la critica avveduta, di alcune questioni chiave che stanno alla base di una critica militante - la quale è spesso, commenta amaramente Chiaretti, e solo una critica esercitata da militanti > -, e che sono riemerse scabrosamente a proposito del film di Rosi. Ci riferiamo cioè al diluvio di lodi e di aggettivi entusiasti incautamente fatto piovere da certa stampa comunista su questo film; ci si è • Un brano dell'articolo di Pajetta (La realtd italiana si fa luce in un film, in Cronache meridionali n. 9, 1963; riportato anche da l'Unitd) merita di essere trascritto per intero: ccIl regista non può sentirsi sminuito o incompre• so se diciamo che 'Il Leone d'oro•, prima ancora che a lui, è stato all'unani• mità decretato all'Italia di oggi, alla democrazia che vive robusta e si dimostra capace non solo di aUrontare i problemi dell'amministrazione e del governo, dell'organizzazione sociale, ma di intervenire nelle cose della cultura e dell'arte. Una democrazia capace più ancora che di ispirare di creare addi· rittura »; a questo punto occorreva ultimare dicendo che il Leone d'oro andava senz'altro assegnato alla Democrazia Cristiana (a parte la meraviglia che tali albe radiose non partoriscano a decine i capolavori, in tutte le discipline); scrive ad altro proposito Carlo Muscetta che « accade spesso agli uomi• n1 politici » di rimanere ai propri « gusti di gioventù » e di rlluttare ad « aggiornarsi »; ma qui ancora più che la gaffe di gusto critico andrebbe valutato il riformismo politico che è alla ba• se del giudizio. 10 ToKMASO CmARBTrI, Le mant sulla clUll, In Mondo Nuovo n. 23, 1963. messo per l'occasione anche Gian Carlo Pajetta trasformatosi da tribuno mordace in esegeta un po' sfasato ed esclamativo•. C'è stato chi, con squisito senso delle proporzioni, in un articolo meritatamente famoso, ha tirato in ballo Vladimir Majakovskij, Bertolt Brecht, Pablo Picasso, Luchino Visconti, Eisenstein (e la critica inglese ha fatto eco parlando di un e Eisenstein italiano>). E' stato messo sulla bilancia del consenso critico indiscriminato il fatto che· i costruttori edili di Roma e non hanno atteso nemmeno Venezia per stracciarsi le vesti e gridare alla calunnia,. e Il fatto che la loro sensibilità di classe sia rimasta offesa non sarà certo la prima, ma nemmeno l'ultima delle ragioni del favore popolare che accoglierà senza dubbio il film>, scrive Aggeo Savioli che prima aveva parlato di e procedimento che diremmo davvero brechtiano, nel senso che concede piena fiducia alla capacità di giudizio della gente semplice>; e Pajetta dal canto suo contrapponeva, nell'articolo suddetto, ai fischi dei e democristiani e monarchici> (che e non potevano applaudirlo anche perché avevano le mani occupate in altre faccende >) gli e applausi di quelli che hanno i calli nelle mani o comunque le mani pulite,. Di fronte a queste abissali deformazioni giungono quanto mai a proposito le sferzate polemiche e le puntualizzazioni di Chiaretti: e questo film appartiene evidentemente a qualcosa di diverso dell'arte: sia pure alla cultura, in senso lato, alla protesta, all'agitazione, alla divulgazione nobile dei maggiori temi politici e sociali che oggi sono sul tappeto> 10 • Come si sa oggi le piaghe cancerose della realtà nazionale non vengono più occultate in archivio; le e gazzette>, di cui il poeta recanatese diceva che sarebbero divenute e anima e vita / dell'universo, e di savere a questa / ed alle età venture unica fonte! >, pubblicano sempre più frequenti inchieste documenti dibattiti testimonianze; per non dire di e tribuna politica,. - 31
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