• I Il divo Alberto Sordi e gli strani connubi fra leueratura e cinema. • Che non ha, cioè, le proporzlorù cui la « de.flagrazlone della richiesta n ha spinto l'Industria culturale letteraria; e meno che mai, data !'irruente prepotenza delle immagini, gode dei margini « riformistici n consentiti a quella, sul cui indirizzi e orientamenti Roberto Roversl scrive: « La fiera di Francoforte, appena conclusasi, trascorsa in un clima d'eccitazione abnorme, e in un indiscutibile frastuono pubblicitario, potrebbe servire da test in ogni caso; per il progresso che esprime, da un lato, e dall'altro per l'estensione eslbitorla e il clima di kermesse: un agitarsi di assegni, grandi fotografie, diagrammi di tirature e d'Incassi; e dietro ai dlvi potenti, siano essi editori alla moda o scrittori di pagine acclamate, i facclrù di volpe, con gli occhi sinistri, del consulenti editoriali: attivissimi e disincantati» (RoaERro Rovmlst, Gli edipi grammaticali, in Rendiconti n. 8, 1963). s EooAR MORIN, L'industria culturale, n Mulino, 1963, pp. 15-27. . • En'ORE CAPRIOLO, Il personaggio Alberto Sordi, in Film 62, Feltrinelll, 1962. smo con licenza dei superiori >. Abbiamo avuto un film in cui la ricognizione della geografia morale e sociale dell'Italia contemporanea si è ridotta a una sfilata di barzellette sceneggiate, animate dalla camaleontica presenza dei due attuali mattatori del cinema nostrano: alludo, ovviamente, a / mostri di Dino Risi, sempre all'erta nel cucinare secondo formule e popolari> alcuni brandelli della realtà contemporanea. Su questo piano il cinema resta indietro allo stesso giornalismo di più fervida ispirazione democratica, ad un libro come quello di Giorgio Bocca, La scoperta dell'Italia, il cui apporto conoscitivo è di gran lunga superiore a quello dei film suaccennati. L'obiettivo fondamentale cui mira l'industria culturale - anche se si tratta di una industria culturale cosi provinciale e pigmea come quella cinematografica• - è la standardizzazione dell'originalità, la routinizzazione della qualità: la creazione, come dice Morin, viene industrializzata. e Ecco perché il cinema cerca il divo (o la diva), che unisce l'archetipo e l'individuale; si comprende perciò come il divo sia il miglior antirischio della cultura di massa, e in particolare del cinema> 5 • Tipico il caso di Alberto Sordi, protagonista e vittima a un tempo di questo gioco di forze e di interessi. Non si può negare che Alberto Sordi è stato ed è uno dei nostri interpreti di maggiore statura, capace di individuare un personaggio e di crearlo, quello del vitellone velleitario e irresponsabile. I modi del suo lavoro su questo personaggio, le virtù e i limiti di questo lavoro, mi pare siano stati ottimamente tipologizzati da Ettore Capriolo •. Sordi non vive il suo personaggio ma lo racconta, brechtianamente, e come se si trovasse in un caffè e dovesse descriverlo agli amici >; di questo personaggio scandaglia tutte le venature comiche ma non ne approda mai al e sottofondo tragico>. e Oppure sembra accennare a un discorso serio e coerente - a immettere cioè i suoi personaggi in un contesto storicamente e sociologicamente più precisato, a esprimere le ragioni che li portano ad agire in un determinato modo - ma quando ci si aspetterebbe uno sviluppo di questo discorso, un approfondimento, d'un tratto l'attore lo tronca e 'risolve' tutto con uno sberleffo più o meno cinico (...). In altri termini Sordi racconta In modo pittoresco la saga dell'uomo comune, svuotandola però di qualsiasi dimensione umana che vada oltre la rassegnata e fallimentare constatazione di una vacuità senza limiti (...). Si capisce perciò come possa mancare a Sordi la dimensione anarchica (presente in quasi tutti I comici - 27
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